a margine del post “Schiava, io ti amo“, l’amico Angelo Rossi ha lasciato questo commento, che ricostruisce una stagione pionieristica dell’enologia trentina, legata alla Schiava di Faedo e ad un giovanissimo Mario Pojer. Lo ripubblico qui perché non si perda fra le mille parole degli altri commentatori
(Cosimo)
Visto che a Trento siamo in clima di Mostra Vini, ricordo che già a metà degli anni ’70 in Trentino la Schiava era in crisi e un giovane Mario Pojer pretendeva di iscrivere alla rassegna una Schiava asprigna per pizza (!?). Categoria assolutamente non prevista dal regolamento. L’entusiasmo di quel giovane però fu tale che si decise di ammettere comunque quella strana tipologia, in barba alle disposizioni e ai voleri dei parrucconi conservatori, anticipando d’ufficio anche le 50.000 lire per l’iscrizione, che il nostro non aveva. Le avrebbe versate appena incassati i primi soldi dalla vendita promozionale allora annessa alla Mostra, il che avvenne già all’indomani dell’inaugurazione. Ricordo che i sommelier di Fabrizio Pedrolli che da un paio di edizioni prestavano (primi in Italia) servizio alla Mostra, si innamorarono subito di quel vino beverino rosa mutanda, proponendolo con passione e facendolo diventare la vera novità di quella edizione della manifestazione. All’epoca, il conoide di Faedo era forse il posto più negletto del Trentino, mentre oggi è certamente ai vertici. Onore al merito e al coraggio di quel giovane imprenditore vignaiolo che ha fatto scuola non solo in paese, ma anche molto, molto lontano.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Schiava ti amo anch'io…profondamente