Ci sono giorni in cui finalemente arriva sera. E la sera è pesante e pensante. E non hai voglia di cucinare. Così mi è capitato anche oggi. E allora sono uscito di casa e dopo così tanto tempo sono andato in pizzeria. Da solo, qui, nel mio bel borgo di campagna.
Ed è stata una sorpresa. Sorprendente. La pizza buonissima, ingredienti di prima qualità (mozzarella di bufala e pomodori (datterini) confit), come raramente mi è capitato di incontrare in una pizzeria di questo pezzo di nord – est alpino e baldense: questa attenzione quasi maniacale per la qualità delle materie prime me la ricordo solo da Marco Zani al Novecento di Rovereto. Ma andiamo subito al vino, che è quel che ci interessa (la pizzeria comunque la suggerisco vivamente e vivacissimamente: La Bruschetta, Brentonico)
Quando il pizzaiolo – patron del locale mi ha chiesto cosa volessi bere, ho chiesto un vino.
“Rosso, bianco o rosato? O una bolla?”, mi ha risposto.
“Un bianco, ma faccia lei”, è stata la mia risposta.
Al tavolo è arrivata subito (a temperatura perfetta) una bottiglia pesante, baroccamente istoriata con le insegne aziendali di Bianco Verona (IGT) – Tenute Ca’ Botta 2016, un blend di Garganega (60), Trebbiano (30) e Chardonnay (10).
Bianco Verona. Non so se la sottolineatura territoriale, il fiero orgoglio dell’appartenenza e dell’identità dell’areale, siano riusciti in qualche modo a condizionarmi. Forse. Sta di fatto che questo vino mi è piaciuto. Issimo. Anzi mi è strapiaciuto: con la pizza lo ho centellinato, ma poi ho chiesto di portarmi a casa la bottiglia e me la sono scolata fino alla fine sul divano sotto lo sguardo di compatimento (o di invidia?) di Lea.
Il naso profumato complessamente di fiori di primavera, bianchi e gialli, quel profumo difficile da raccontare, perché è soprattutto l’aria che ti gira intorno quando arriva la primavera e subito ti senti avvolto da verdi distese e da colline colorate e senti che la vita sta cambiando registro. Almeno per un poco. Almeno il tempo di accorgersene. E poi la zagara e il gelsomino. Su un colore paglierino leggermente scarico, ma percorso da rigagnoli verdognoli che acchiappano l’attenzione.
Poi la sorpresa in bocca: su questo fondo floreale, pervaso da qualche delicata nota erbacea, stupisce lo scatto salino, sapido, salato. Qualcuno, forse, ricorrerebbe alla suggestione della mineralità: io ho sentito soprattutto il sale, in questo Bianco Verona. Il sale del vulcano o il sale di Venezia che si intravede in lontananza? Non lo so. Ma questo scatto salato elegantemente amalgamato con i gelsomini mi ha rimesso in pace con il mondo. E poi una chiusura leggermente ammandorlata, dolcemente ammandorlata. Giustamente ammandorlata.
Grazie Verona, grazie Garganega (e Trebbiano e Chardonnay)!
Bianco Verona IGT Ca’ Botta 2016 – Euro 13.00 (servito al tavolo)
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.