C’è qualcosa di nuovo sotto i cieli del Trentino. E di buono. La prossima settimana, martedì pomeriggio negli spazi della Cantina di Toblino a Sarche, l’associazione degli enologi e degli enotecnici (AEEI) presenterà un documento sullo stato di salute e sulle prospettive delle vitivinicoltura locale. Si tratta di un’analisi e di un’indicazione di strategia per il futuro, elaborate nei mesi scorsi da una commissione tecnica nominata in seno all’associazione provinciale. Il documento era stato annunciato a fine maggio dal presidente Goffredo Pasolli nell’ambito delle manifestazioni di apertura di Mostra Vini e poi sulla stampa. Ora è pubblico. E fra qualche giorno, appunto, sarà oggetto di una tavola rotonda aperta al dibattito.
Analisi e indicazioni di prospettiva sono ampiamente condivisibili. Gli enologi prendono atto dello schiacciamento del settore sulla linea orizzontale di una dimensione esclusivamente industriale. E tracciano le coordinate del futuro, immaginando i contorni di un’alleanza territoriale capace di superare questo appiattimento. Avremo comunque modo, nelle prossime settimane, di discuterne e di approfondire. Per ora mi limito a sottolineare quattro aspetti, diciamo così politico – formali, che meritano, a mio avviso, di essere segnalati.
1) Il documento rilancia il protagonismo e la centralità degli enologi. La loro è una funzione chiave nella filiera del vino e loro, come capita in ogni distretto vinicolo che si rispetti, devono tornare ad essere la figura di riferimento dell’immagine e della reputazione del vino di qualità; che per imporsi e suscitare appeal ha bisogno di facce, di volti, di nomi. Che devono essere, primo di tutto, i loro e non quelli dei manager e dei direttori commerciali. Perché loro, soprattutto loro, insieme ai viticoltori e agli agronomi, sono i brand ambassador del territorio.
2) Gli enologi trentini escono allo scoperto ora non per caso. Il processo di messa a regime della nuova Doc del Pinot Grigio delle Venezie, consente al settore di ragionare e di dialogare con maggiore libertà. L’incubo sta svanendo e qualcuno comincia ad aprire le porte e le finestre della casa del vino trentino, prova a dare un’occhiata sotto i tappeti che nascondono la polvere di un ventennio oscuro dominato dal silenzio. E prova, soprattutto, ad indagare l’orizzonte.
3) La scelta di presentare questo documento a Toblino, esprime un impatto simbolico dirompente. Quella della Valle dei Laghi, infatti, è la Cantina del presidente di Cavit e di Consorzio Vini del Trentino, Bruno Lutterotti. Questo fa pensare che la posizione elaborata dall’Associazione trentina degli enologi e degli enotecnici, sia condivisa anche dal vertice politico del settore. O che comunque ne goda delle simpatie. Potrebbe essere l’alba di una svolta. L’inizio di una rivoluzione (non so fino a che punto pacifica, perché le rivoluzioni non sono mai un pranzo di gala), capace di rivoltare come un calzino la vitienologia provinciale. Potrebbe essere, perché le variabili in gioco sono tante e anche pesanti. Il presidentissimo, infatti, da una parte dovrà cominciare a fare i conti con il suo management interno, che in questi anni ha monopolizzato il baricentro del potere e che potrebbe ritrovarsi spiazzato dall’iniziativa degli enologi, che con questo documento rivendicano un ruolo di centralità politica. Ma dovrà cominciare a fare i conti, e a contrattare il prezzo di una eventuale mediazione, anche con l’altro pilastro dell’industria trentina del vino: il Gruppo Mezzacorona. Che in questa partita, almeno per il momento, pare essere rimasto alla finestra. Non si è capito ancora bene se a guardare o a tentare di imbastire una strategia di contrasto e di contenimento.
4) Alla stesura finale del documento hanno dato il loro contributo di idee e di pensiero sia enologi impegnati nel settore privato sia uomini chiave della cooperazione di primo grado. Una condivisione che pone le basi di un’alleanza fra vignaioli e vignaioli collettivi, le cantine sociali.
La tavola rotonda di martedì prossimo parte da questi presupposti e da questa cornice. Da mercoledì si potrà cominciare a discutere di contenuti.
Il documento della sezione trentina AEEI
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
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