Casualmente, scorrendo lo streaming di un social, scopro che un vino da uve PIWI è riuscito a suscitare l’attenzione e il gradimento sia dei degustatori dell’International Wine Challange 2017 sia di quelli del Decanter World Wine Award 2017, che sono due piattaforme mondiali di assoluto prestigio per autorevolezza di giudizio e per influenza sulle scelte dei buyer internazionali. E mi vengono in mente le parole sconsiderate di chi fino a qualche mese fa (per esempio il vice presidente di Cavit e di Consorzio del Pinot Grigio delle Venezie – Avio settembre 201 6) bollava i vini PIWI come bevande poco più che bevibili, non ancora pronte, per questioni di piacevolezza e di imperfezione organolettica, ad affrontare il mercato globale e il gusto dei consumatori. Insomma le solite argomentazioni di chi assume posizioni conservatrici sostenute da obsolete rendite di posizione. Sono convinto che chi la pensava così (ma la pensa ancora così?) abbia cannato in pieno le previsioni sull’andamento dei mercati del futuro. E mi auguro che, nel frattempo, si sia ravveduto.
Il vino PIWI che si è meritato 85/100 al DWWA e la medaglia di bronzo all’IWC è il Santacolomba Bianco delle Dolomiti 2016 di Cantina Trento Le Meridiane. Delle scelte agronomiche che informano la linea Santacolomba delle Meridiane e del valore sociale che ne disegna la trama, ne ho già scritto più volte in passato su Trentino Wine: inutile ripetere che questo vino mi è sempre piaciuto, al di là della sua godibilità. Mi è sempre piaciuto come idea. Come idea politica di vino. Evidentemente non mi sbagliavo poi di tanto, se il mio giudizio è finito per coincidere, seppure da un’altra angolatura, con quello delle giurie di IWC e di DWWA.
Nei giorni scorsi mi è capitato di assaggiare l’evoluzione spumantizzata in Metodo Classico del Santacolomba. Una scelta coraggiosa che denota un’inclinazione all’eresia, quella di mettere sullo scenario trentino degli spumanti, egemonizzato e ossessionato dalla denominazione TRENTO, un M.C. VSQ da uve PIWI. Le varietà di cui è composta la base di questo Santacolomba Brut Nature, sono quelle ormai classiche per la linea Santacolomba coltivate sulla collina di Trento: Johanniter, Solaris, Bronner. La sboccatura è recentissima (pimavera 2017) ed è rimasto sui lieviti solo 12 mesi. Ma bastano per un vino come questo. Le sensazioni di panificazione e di brioche restano sul fondo, poco più che accennate, per lasciare spazio a soffi erbacei di salvia e di erba medica matura con una spruzzata di gelsomino che aleggia nell’aria. Il perlage ordinato fa da trama elegante ad un colore paglierino abbastanza scarico. In bocca è subito un fremito acido che spinge con freschezza e decisione, ma il nerbo è tenuto sotto controllo e in equilibrio da un vago accenno zuccherino da extra brut (0,5 gr/l. dichiarato in scheda tecnica). Ed è interessante, molto interessante, questa combinazione nature/zucchero, perché suggerisce un equilibrio che spesso i non dosati con residui inferiori non sempre riescono ad esprimere, risultando sovente ostici e difficili da affrontare. Al palato, la vocazione nettamente verticale si fa succosa come un morso di frutta gialla, di mela golden, sotentuta dalla pietra focaia e una sensazione di rosmarino; infine un ritorno leggermente ammandorlato che chiude bene la beva. Io lo ho bevuto (eravamo in due e la bottiglia è finita in un men che non si dica) abbinato al Casolet della Valle di Sole che, fra l’altro, è un prezioso Presidio Slow Food. E l’accompagnamento da tagliere ha funzionato alla perfezione.
Prezzo al pubblico in enoteca Le Meridiane: euro 11,50
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.