Alla fine i più ottimisti si sono rivelati proprio i duri. Spiriti critici come Mario Pojer che da sempre conduce serrate battaglie per un’enologia di qualità in Trentino. Lorenzo Cesconi presidente dei vignaioli deciso nel rimarcare le differenze tra vino “industriale” e vino “territoriale”. Viticoltura di fondovalle e quella di collina. Nessuno però ha eretto muri dopo anni di silenzi e incomunicabilità. Anzi. Alla Cantina di Toblino, che ha ospitato la tavola rotonda degli enologi per discutere a porte aperte di un importante documento sul futuro dell’enologia in provincia di Trento, è andato in scena una sorta di armistizio non dichiarato. Eccoli lì, infatti, i colossi dell’enologia trentina: Bruno Lutterotti, presidente di Cavit, Toblino e Consorzio Vini. Fabio Toscana, che “a titolo personale” rivendicava il ruolo di Mezzacorona nel conto socio-economico trentino. Marcello Lunelli, a rappresentante il vino trentino forse più famoso al mondo, lo spumante Ferrari. L’unico italiano chiamato per nome come Dom Perignon. Il Giulio. Grandi numeri e grande qualità. Ma anche molto potere. Dall’altra parte la minoranza non silenziosa dei vignaioli. In mezzo un documento che segna uno spartiacque e che in poche righe spiega tutto quello che è, non è e, forse, vorrebbe essere il vino trentino. Da leggere dall’inizio alla fine. Un’analisi lucida delle politiche degli ultimi 20 anni e le proposte per superarle. Vino industriale versus vino territoriale. Definizione troppo netta, negativa per la cooperazione. Naturalmente respinta sia da Toscana che da Lutterotti e con grande decisione d Marcello Lunelli. Senza però negare la realtà. E qui si sono scoperte le carte. Perché è evidente che il documento degli enologi racconta solo una verità piuttosto lampante e che, come ha sottolineato qualcuno dei presenti, dopo la nascita della Doc Venezie del Pinot Grigio, il mondo del vino – appassionati, giornalisti, consumatori – ora si aspetti un segnale. Un colpo di reni dal Trentino vitivinicolo. La sterzata. Una esigenza che, è sembrato, sentano chiaramente sia industriali che vignaioli. In modo diverso gli uni rispetto agli altri. Certo. Ma inequivocabilmente. Vedremo e speriamo.
Mamma altoatesina e padre romano, Angelo Carrillo ha trascorso buona parte della sua infanzia tra la Val Venosta e San Candido in Val Pusteria. Dopo il liceo frequenta la scuola di cinema e televisione Zelig di Bolzano e si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università “La Sapienza” di Roma dove si specializza in Storia e Critica del Cinema; nello stesso periodo si appassiona alla gastronomia e all’enologia. Dal 1999 collabora al quotidiano Alto Adige per il quale ha curato per anni la rubrica settimanale di enogastronomia. Ha scritto per mensili e riviste tra cui l’Espresso e la guida ai Ristoranti d’Italia, la guida “Osterie d’Italia”, “Locande d’Italia” di Slow Food oltre a “Bar d’Italia” del Gambero Rosso e “Nordest a tavola”. Dal 2003 è responsabile per l’Alto Adige della guida “Vini Buoni d’Italia”; dal 2005 al 2010 è stato delegato dell’Associazione Sommelier dell’Alto Adige. Ha partecipato a varie giurie di concorsi in ambito enogastronomico. E’ membro ormai permanente della giuria del premio alla Cultura enogastronomica dell’Alto Adige e del “Trofeo Schiava”. Nel 2004 ha ideato e avviato il progetto Alto Adige Terra Slow creando, fra l’altro, i Presidi altoatesini dell’Urpaarl, del Graukäse e della mucca Grigioalpina. E’ ideatore e coautore dell’Itinerario Slow Food dell’Alto Adige. Viene considerato uno dei maggiori esperti italiani dei prodotti e della gastronomia altoatesina. E’ anche traduttore di numerose opere di enogastronomia. Attualmente collabora anche con la guida Identità Golose pur cercando di ritrovare la linea perduta.
Non ti rispondo nemmeno, Conte. Come sepre scambi lucciole per lanterne, per usare un eufemismo.
E un po’ di tempo che per ragioni personali (non certo terribili…) manco dal blog.
Però quando leggo questo documento, come noto uomo di mktg operativo, ammutolisco.
Possibile che perdiamo ancora tempo in riunioni praticamente vuote, con verbi condizionali tipo parrocchia medievale da controriforma, in teatrini dolomitici con scenografie costruite con la carta velina delle buone e oneste intenzioni ???
Mah !
Il documento finale è praticamente inesistente, quasi come il cavaliere di Calvino.
E' un compitino in salsa di mktg tipo scuola serale o notte prima degli esami .
Dopo i bla bla, manca però quello che veniva chiesto un tempo (defunta legge 36 ?) dalla Politica:
• Obiettivi chiari
• Spese previste
• Tempi di attuazione
• Responsabili dei singoli progetti
E invece, ecco alcune delle perle contenute – mai superate o pare insuperabili.
• Linee guida possibili
• I Punti di forza sono superati da quelli di debolezza e quindi sono NULLI
• “dove vorremmo andare” – tutto al condizionale prossimo venturo ….
• “l’auspicio è che la Politica torni ad indirizzare” …. E’ un plauso al past president Guido Malossini e alla fu legge 36 !?
Grazie Carrillo, fedele cronista che hai speso tempo e spazio per noi e grazie anche al baffo Pojer che nello scorso millennio si sorbì per intero e fino all’ultima goccia le mie lezioni, promosse e offerte gratuitamente dal defunto CVT.