Erano gli anni ’70 e quando l’architetto Francesco Cocco lasciò la sua città natale: Venezia per risiedere a Rovereto. Anche mio padre aveva lasciato la multinazionale di progettazione tecnica: Techint che aveva sede a Milano per tornare a Rovereto: sua città natale, dove aveva aperto uno studio tecnico nella casa paterna di via Vannetti. Si incontrarono e decisero di diventare soci, non solo per una forma di convenienza: Cocco conosceva poco il territorio e mio padre nonostante l’esperienza internazionale nella progettazione aveva solamente il diploma di geometra, insieme a Cocco invece avrebbero potuto realizzare opere architettoniche di grande respiro, ma soprattutto decisero di unirsi per una comune visione di entusiasmo e sensibilità nella creazione di opere urbane a misura d’uomo. Il sodalizio durò anni e quelli furono gli anni in cui imparai a conoscere Francesco. Imparai ad apprezzare la sua straordinaria elasticità mentale, era un uomo di vastissimi interessi: architettura, arte, cultura. Ricordo le discussioni interminabili e bellissime su ogni cosa. Era anche un uomo ironico: lui e mio padre si sbellicavano dalle risate su quel nome che siglava il loro sodalizio professionale: “Cocco Belli” ricordando il venditore di cocchi che in spiaggia gira con il secchio al grido “cocco bello!”. Ci siamo sempre tenuti in contatto, perlopiù epistolare e in una delle sue ultime lettere avevamo riflettuto sui segni del destino. Mio padre non c’era già più e Francesco per casualità viveva nella casa di Santa Maria a Rovereto dove mio padre era nato. Come se ci fosse stato un legame sin dall’origine. Bruno Zevi di lui scrisse: “Alla fine del secondo millennio gli architetti operanti in città sono spesso in stato di frustrazione: ma dalla provincia emergono forze sorprendenti, individui coraggiosi, come Francesco Cocco….”
Francesco è stato uno straordinario protagonista del nostro tempo, ha seminato arte nella architettura e architettura nell’arte. È stato anche un caro amico e mi mancherà.
[Francesco Cocco è deceduto domenica 5 novembre 2017 ]
Cosa sarebbe della vita se non avessimo squarci di sogni, balene da inseguire? Io sono sempre alla ricerca; studio, leggo, mi piace scrivere. Comunicare emozioni è il mio desiderio principale
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Quando passo da Nomi non posso non visitare il cimitero, a mio avviso la sua migliore opera, grazie anche al supporto civile e politico di una amministrazione comunale coraggiosa e davvero laica e rispettosa di tutti.