E noi poveri pirla che da anni ci lambicchiamo la testa e la vita, alla ricerca del vitigno resistente e discettiamo di tecniche ingegneristiche, di cisgenesi e perfino di PIWI, ma non ci siamo accorti che il vitigno resistente ce l’abbiamo già. E non solo ce l’abbiamo, ma ce l’abbiamo anche in abbondanza; infatti è il vitigno più diffuso in Trentino: il Pinot Grigio. Una varietà che, a prestare fede ai riscontri statistici di Consorzio Vini del Trentino, non teme la siccità, non teme la grandine, non teme le gelate tardive e non teme nemmeno il freddo fottuto di gennaio. Cresce rigoglioso e fruttifica ubertoso a dispetto di ogni avversità. Comunque.
E’ questa la sola considerazione che mi viene da fare mentre sfoglio le infografiche del Rapporto sulla vendemmia 2017 diffuso oggi da Palazzo Trauttmansdorff. Il raccolto 2017, infatti, ha fatto registrare in provincia Trento un – 15 % secco rispetto al 2016. Un calo decisamente più contenuto di quello certificato su scala nazionale: – 25 %. In Trentino le varietà più bastonate, in questo orrido 2017, sono state lo Chardonnay, – 28 % rispetto all’anno precedente (mancano all’appello circa 92 mila quintali di uva), e il Mueller Thurgau, – 20 % e circa 24 mila quintali in meno. Ma quando si provano a comparare le produzioni dell’aureo e generoso Pinot Grigio, la sorpresa diventa quasi eccitante soprattutto in vista della messa a regime con questa vendemmia della nuova superdoc delle Venezie: – 7 %; equivalente ad un calo di 26 mila quintali. Numeri che da domani dovranno essere studiati uno ad uno da parte dei cultori e degli esperti di vitigni resistenti. Resitenti a tutto. Anche al buon senso.
Per il resto, il rapporto consortile sulla vendemmia 2017 non riserva particolari sorprese: il Trentino si conferma una terra bianchista (i tre quarti delle uve raccolte sono bianche e a farla da padrone sono il Pinot Grigio (34 %), Chardonnay (24 %) e Mueller Thurgau (10 %). Gli autoctoni, con la sola eccezione del Teroldego (7,2 % in crescita di mezzo punto rispetto all’anno precedente, nonostante grandinate e gelate che hanno colpita la Rotaliana), si confermano appiattiti su livelli al di sotto della sopravvivenza.

Avanti così, che vai bene Trentino. Trentino che, assicura Consorzio Vini a proposito dei 5 mila e rotti agricoltori certificati con il bollino dell’Ape Maia,  ad oggi  è  “l’unica esperienza nazionale ad aver portato alla certificazione SQNPI un così elevato numero di produttori coordinati da un’unica entità consortile“.  Ma forse a Palazzo Trauttmansdorff non è chiara una cosa: non sempre essere unici è un buon segno. E un segno di buona qualità. A volte si è unici, semplicemente perché tutti gli altri hanno preferito occuparsi di altre cose. Magari di cose più serie. Magari.