Finalmente. Sì, finalmente. Finalmente la politica, seppure quella confinata nello scomodo ruolo dell’opposizione, si accorge che la viticoltura è un fatto politico. Anche un fatto politico. Forse soprattutto un fatto politico. Su cui la politica ha il diritto, e il dovere, di esprimere un’opinione. Di rivendicare un punto di vista. Di elaborare una chiave di interpretazione dei fatti. 

A squarciare il pavido  e complice silenzio con cui politici e amministratori locali e provinciali, senza eccezione e senza distinzione di giacchetta, ha isolato con una cortina di ferro la manovra restauratrice in atto nei vigneti lagarini, oggi è Franca Bellorio, consigliera civica di sinistra in Comunità della Vallagarina e in consiglio comunale di Ala.

Si stanno addensando nubi nere, e non da oggi, sulle campagne lagarine, un tempo lambruscolandia oggi grigissima pinotlandia: in pochi anni i valori immobiliari sono colati a picco lungo una parabola a precipipizio che ha dimezzato i prezzi dei vigneti in fondovalle e ancor più di quelli collocati in collina; i più preziosi masi lagarini sono diventati terra di conquista per investitori extra territoriali: Maso Michei, ai piedi delle Piccole Dolomiti, ha cambiato proprietà ed è diventato l’avamposto in terra trentina del sud tirolese Martin Foradori Hofstätter; un esclusivo marchio rotaliano ha appena acquistato  Maso Tissot, sulle pendici del Monte Baldo a picco sulla Val d’Adige. E le indiscrezioni assicurano che lo shopping teroldegaro non finisce qui. Le tenute vitate della montagna di Isera sono state incamerate da un altro blasonato marchio alto atesino.  E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. 

Sullo sfondo, e anche all’orizzonte, la profonda ristrutturazione dei ferrei equilibri di potere che governano la cooperazione vitivinicola lagarina: negli scorsi anni un paio di cantine sono finite sotto la stretta tutela della loro capogruppo, un’altra è stata incorporata. Ed è di attualità stringente la cronaca della decapitazione di due direttori coperativi, che si sono distinti per l’impegno e il talento nella valorizzazione dell’enologia territoriale.
Su questi ultimi fatti, oggi finalmente la voce solitaria, come una mosca bianca, di Franca Bellorio.

 

Comunicato Stampa di Franca Bellorio La Bussola – Civica
Sono trascorsi mesi da quando, con il licenziamento di Franchini direttore della cantina sociale di Ala e proseguito con quello di Tranquillini direttore della cantina sociale Mori-Colli Zugna è iniziato il percorso di spersonalizzazione delle due cantine sociali del nostro territorio. Licenziamenti apparentemente diversi nelle motivazioni ma sostanzialmente simili per i risultati ed il percorso intrapreso dalle nostre realtà locali. Pur prescindendo dalle motivazioni che hanno ispirato i consigli delle due cantine e ben sapendo che i rapporti interrotti unilateralmente avranno sicuramente strascichi sia nelle sedi di contenzioso lavoristico che giudiziale mi preme sottolineare gli aspetti che interesseranno i nostri territori nel futuro prossimo.

Il lavoro svolto in questi anni dai nostri Direttori parla da solo, la professionalità di Franchini e Tranquillini ha riscontri a dir poco entusiasmanti. Per il rilancio delle rispettive zone, per la sperimentazione enologiche.
Dopo anni di proficua collaborazione con crescita costante delle due realtà locali due licenziamenti quasi contemporanei non possono che far riflettere riguardo a quali sono le reali mosse dei colossi che stanno alle spalle delle due cantine anche se nelle dichiarazioni ufficiali sembrano estranee a queste vicende. Mi riesce difficile crederlo, di fatto una cosa è certa, le due cantine non avranno nel immediato futuro la figura del Direttore, con conseguente trasformazione delle due realtà a mero centro di raccolta.
Tralascio le dietrologie che li vogliono fuori gioco a causa dell’adesione al manifesto che ripensa il modo di gestire il “vigneto Trentino” per soffermarmi sull’immobilismo della politica, non una parola da parte dell’assessorato provinciale all’Agricoltura, un assordante silenzio da parte del sindaco di Ala che solo qualche settimana fa, spalleggiato dal suo mentore Mellarini, ha barattato un’etichetta per la Cantina di Ala con la perdita del controllo decisionale e gestionale della Cantina stessa, senza spendere una parola riguardo al futuro del territorio che dovrebbe amministrare.
Come semplice consigliera, memore degli sforzi e della lungimiranza dimostrata dai soci fondatori delle nostre Cantine, preoccupata che questo sia solo il primo passo per rendere marginale l’importanza delle nostre realtà locali, lancio un appello affinché si faccia chiarezza sul futuro di due delle realtà più rappresentative della viticoltura trentina: quale futuro sarà riservato ai nostri conferitori, privati dei riferimenti locali sull’altare dell’accentramento trentino?
Sono molto delusa dai nostri politici, sempre pronti e presenti nei momenti di gloria, ma altrettanto veloci nel defilarsi nel momento di mostrare gli attributi per difendere non i direttori ma soprattutto il futuro del territorio che dovrebbero rappresentare; mesi di silenzio in cui la politica ha messo la testa sotto la sabbia in attesa di rivedere quel sole che, inesorabilmente, metterà in luce le loro inerzia.