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D’accordo su tutto con Luca escluso sugli investimenti provinciali (ne hanno buttato fuori tanti soldi).
Credo che il problema tocchi la vallagarina in tutti i settori. – – Edilizia con appalti affidati a ditte che provengono da sud con ribassi assurdi;
– servizi come sopra. Vediamo ad esempio appalti pulizie e gestione scuole materne;
– agricoltura, vivalis a parte, molte cantine non hanno certo brillato per politiche lungimiranti e oggi ne paghiamo le conseguenze;
– vendita al dettaglio. Ergo Sait, dove oramai grandi gruppi da nord e da sud la fanno da padrone
– credito cooperativo no comment
– industrie roveretane quasi sparite
Ognuno la puo pensare come vuole, ma in tutto questo manca un progetto complessivo, manca il coraggio di investire sia da parte della PAT che dell imprenditoria, manca un idea di semplificazione delle pratiche, e forse manca anche in ognuno di noi la voglia di non arrendersi. Credo e sono convinto che investire su beni immobili, progetti e prodotti locali non delocalizzabili potrebbe essere uno dei tanti sistemi anticrisi. Forse, come in passato, solo il tempo dara a noi insegnamenti
sottoscrivo. parola per parola. ma pare che la politica rifiuti di esercitare questo ruolo guida, preferendo restare alla finestra e semmai esercitandosi con i nastri delle inaugurazioni #tartineincluded
Suggerisco poi agli accorti investitori di costruire una struttura produttiva in territorio trentino, consorziandosi, et voilà
Fammi capire, Paolo. Dici qui sotto: il Trentodoc non è di proprietà del Consorzio… sostenendo che è di tutti. Non mi pare sia così. La D.O.C. Trento (quella sulla G.U.) è di tutti, ma Trentodoc (diabolica invenzione) è marchio privato e commerciale di un gruppo, ancorché maggioritario, di Case trentine che – attenendosi diligentemente al disciplinare della D.O.C. Trento – non promuovono il “Trento”(che è di tutti), ma “Trentodoc” che è solo loro. Perché lo co-finanziano assieme alla PAT. Una finezza diabolica per escludere dai benefici (sic!) coloro che non accettano di co-finanziare. Diabolica, ripeto, perché la bella pensata ha congelato da allora ogni possibile e doveroso sviluppo della denominazione “Trento” che non sta rendendo quanto potrebbe. Infatti, le bottiglie si vendono essenzialmente per il prestigio del brand aziendale. Orbene, senza indagare su chi si avvantaggia da questa situazione, se il problema è di far pagare tutti i beneficiari del “Trento”, basterebbe passare alla DOCG e costituire un Consorzio che si faccia dare l’erga omnes. Tu che sei leguleio, puoi percepire anche il limite di legalità (almeno morale) del Trentodoc come marchio di un gruppo in presenza di un decreto che concede l’utilizzo della denominazione “Trento” a tutti coloro che seguono il relativo disciplinare di produzione. Una tutela per produttori e consumatori. È ora che le Case spumantistiche (industriali per definizione) capiscano che al territorio che fornisce le uve-base si deve pur concedere qualcosa e questo qualcosa è utilizzare e reclamizzare “Trento” e non Trentodoc pensando che l’investimento debba ricadere sui soli Soci del club proprietario del marchio. Noi come consumatori-contribuenti non sentiamo il bisogno di finanziare il club privato tramite la PAT, ma possiamo accettare l’intervento pubblico se va a vantaggio di tutti. Col Trento. Punto. È tempo di uscire da questo equivoco infernale e vedrai che torneranno a salire sia le liquidazioni che i valori fondiari.
Caro Tiziano Bianchi, quello che attira gli investitori altoatesini non è più il prezzo più basso dei terreni ma la possibilità di rivendicare Trentodoc, che non è un marchio di proprietà del consorzio.. In altre parole il Consorzio e la PAT sostengono gli oneri della promozione e l’accorto investitore si produce le sue bottiglie di Trentodoc e le commercializza felicemente senza manco preoccuparsi di associarsi al consorzio.. Una fugata! A breve se ne accorgeranno anche i cugini di Franciacorta e si compreranno anche loro qualche ettaro in Vallagarina #seguràbrinsisi
Ottima disamina…
Hai ragione Paolo Letrari anche questa è una chiave di lettura verosimile che tuttavia sull’adige ho volutamente tralasciato per evitare polemiche cruente con il “club” trentodoc proprio alla vigilia del loro festival. Una educata gentilezza che ho riservato al club trentodoc, sebbene, nemmeno quest’anno si sia preso la briga, non di invitarmi come giornalista sul campo ma nemmeno di inviarmi una banale nota stampa, pur sollecitata sino ad oggi pomeriggio. Ma la gentilezza, mia, se la meritano comunque i produttori, a prescindere dall’apparato. Sul merito, ripeto, ha ragione, di sicuro la denominazione ha una sua notorietà che fa gola, ma secondo me ne sono, saranno, più ingolositi i veneti, abituati ad avere a che fare con le commodity, degli alto atesini.
Io penso sia un opportunita ,in trentino mancano aziende come queste ,puo anche essere un esempio da seguire.
Aver aderito al Pinot grigio delle Venezie è sicuramente una politica autonomista che tutela i territori e la loro autonomia vero? 🙁 … sente diventai venesiani ostregheta? 🙂
credo nci sia spazio…per tutti, per le denominazioni industriali e anche per quelle locali. peccato che a differenza di quanto, per esempio, stanno facendo in friuli, in trentino le denominazioni locali siano dormienti.
Va empre tutto bene per i trentini #liberopensieroinliberostato@
Non occorre ricordarsene nel 2020. Basta ricordarsene quando serve. Spostare il conto corrente da una banca ad un altra, ad esempio. Oppure indicare sulla scheda elettorale un nome opportuno, ancora per esempio. Poi:fare le proprie cose al meglio. Sempre.
Solo perchè c’è stata una compravendita? E per quelle aziende che falliscono con i soldi in tasca cosa dovremo fare?
Guardi la luna, gentilmente. Non il mio dito rotto. In questo paese quando la cosa non è penalmente rilevante è verbo di dio. Esiste una dimensione politica delle cose o no? Di cosa deve occuparsi la politica, del clima dell’Antartide? Ma sarmento…
ringrazio Giuliano Preghenella le cui osservazioni risultano sempre illuminanti e arrivanno, cadono, cascano, sempre a fagiuolo
Matteo Gottardi la politica progressita..si occupa dello jus soli …e digiuna pure…non volgio nemmeno immaginare di cosa si occupi la politica conservatrice…
Tiziano Bianchi ricambio la stima… io avrei altre considerazioni in merito a questa vicenda ma credo sarebbero irrise e allora ciaone
abbiamo opinioni differenti su quasi tutto, a partire dalla superstizione religiosa che ti vede devoto. ma non credo di averti mai ne irriso ne deriso. comunque fai tu. ciaone a te.
La politica del digiuno… Ma santo cielo…noi le’ mejo che fente na sana bevua e na dicreta magnada. E far anca i rompicojoni. Nell’ordine.
Va bene così? Si? Ok allora, stiamo tutti tranquilli
Molto triste…siamo proprio incapaci
Ora tocca a Mori, ripeto dopo la Cassa Rurale ora Altp Garda, si perderà anche la Cantina che ritornerà nell’anonimato…!!! Riparliamone nel 2020 !l
il pallino questa volta ce lo hanno in mano i soci. speriamo sappiano giocarsela bene questa partita
esatto!!! pensiamo e guardiamo a nord….il resto è il nulla….
A Nord… a Sud… a Est… a Ovest…(il Monte Baldo unitario e Patrimonio dell’Umanità guarda a Meridione… daltronde lì è…), purché fuori da questa “lavatrice Trentino”.
No nessuna meraviglia. Solo si registra un fenomeno crescente.
Ed e’ solo l’inizio 😜
beh ci meravigliamo ?
e bravi trentini, continuate a dormire
Non stanno facendo shopping solo di vigneti. Date un occhio alla zona industriale di Rovereto e altrove. Il Consigliere comunale di Rovereto Marco Zenatti ha raccolto parecchi dati, tra l’altro resi pubblici in seno alla cerimonia di riapertura a Rovereto della redazione del quotidiano ‘Trentino’.
se ci esportano il metodo potrebbe essere un opportunità…