L’uva e i vini del Trentino valgono (in volume) poco meno del 2 % della produzione nazionale.
Ma il settore trema.
Un settore fortemente sbilanciato sul versante della commercializzazione (non solo di vini trentini, ma soprattutto di vini di altri distretti, fra cui Prosecco e Pavia, da cui si ricavano margini per remunerare le uve dei contadini trentini) sull’export in un solo Paese.
Ostaggio dei mercati internazionali, come i grandi colossi. Ma il Trentino colosso non è, se non nel velleitario castello di cartapesta costruito dai manager a cui sciaguratamente i contadini del Trentino hanno affidata non solo la gestione ma anche la regia politica del settore.
Ecco la fragilità di un modello di sviluppo spintamente industrialista che sull’agroalimentare ha rinunciato a priori a valorizzare il territorio. E oggi in balia dei capricci e delle scopate più o meno riuscite di Trump.
#seguirabrindisi
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Meno vino e più patate, orzo di montagna che il gusto ci guadagna?
ok. ammetto di avere un enorme limite: non comprendere al 100% in cosa consiste la formula da bacchetta magica del “valorizzare il territorio” che intuisco oggi venga fatto malissimo ma che potrebbe di un sol colpo sfornare ettolitri ed ettolitri di vino nostrano a 150€ al litro rendendoci tutti smisuratamente ricchi e perché siamo così ottusi a non farlo ora, siamo proprio tutti dei trogloditi e le grandi cantine dovrebbero fare questo e quest’altro e non quello che viene fatto oggi ecc ecc ecc…
qualcuno è in grado di riassumermela in 5 punti (con proposte vere e non vaghe tendendo presente anche di tutto il parterre locale della produzione di prodotti diversi tra loro) e è in grado di elencarmi 5 esempi virtuosi (e quindi remunerativi per quei territori e qui riproducibili sul serio e non sulla carta o sul favoloso mondo dei sogni) ove questi punti funzionano?
altrimenti mi sembrano solo tristi vacue parole al vento.
perché ricordiamoci che è sempre figo essere controcorrente e criticare. figo e semplice. la realtà però non è mai semplice, ha molti gradi di complessità.
Non mi piace, e la trovo ingiusta, la chiusa del suo commento, Toni (i fighi e i criticoni): se si prenderà la briga di dare un occhiata a territoriocheresiste (e a trentinowine), potrà rendersi conto da solo che almeno l’80 % dei contenuti hanno un taglio laudativo e per nulla critico. E neppure polemico.
Questo per rimettere un po’ le cose in pari. E si renderà anche conto che le nostre critiche, sono sempre state accompagnate da proposte. Molte delle quali sottoposte anche all’attenzione di CVT e spesso anche da altri soggetti associativi (confraternità, città del vino, per esempio)
Per il resto e per tornare ai contenuti.
Lei chiede un esempio di politiche di valorizzazione territoriale? Le faccio il più banale e immediato (e congruo visto che si tratta di un distretto con cui abbiamo molto in comune e anche qualche denominazione in comune): L’Alto Adige. Vuole i numeri: su territoriocheresiste troverà anche i numeri che dimostrano che quella via non solo è pìù solida ma soprattutto è più remunerativa (e non solo per i produttori di uve, che sono solo un pezzo ma non l’unico della filera).
Se non avesse voglia di cercarli questi numeri su territoriocheres (o su trentinowine), me lo segnali e cercherò di riassumerglieli in un bignamino. Infine, i tempi. No, nessuno immagina che “in un sol colpo”….si possa cambiare tutto. Ma sono almeno vent’anni che in tanti diciamo queste cose…(alcuni come leonello letrari non ci sono più, altri come angelo rossi ci sono ancora). Forse oggi (grazie a Santo Trump) un riflessione si potrebbe aprire. E magari ad aprirla ci potrebbe pensare la politica (quellla morente di oggi o quella che verrà).
Praticamente da una situazione finanziaria stabile si rischia il tracollo. Rischi di una mocoltura di territorio.
I nodi vengono al pettine purtroppo .. Ma questi scenari erano prevedibili da oltre un decennio.. Solo che chi ne parlava allora era una “voce che gridava nel deserto” vero Angelo Rossi?
Angelo Rossi…. a proposito proviamo a chiedere ai tuoi colleghi enologi, come la pensano loro. Mi viene in mente l’amico Andrea Faustini, l’amico Matteo Mattei, l’amico Franco Franchini, poi tutti gli altri……vediamo..se loro ci illuminano…. #attendiamoilluminazione
ah…..giusto.. loro, i tuoi colleghi, sono tecnici e i tecncici non prendno posizione. fanno vino. vino perfetto. come in australia.
Mi domando se ci vuole un Trump, un santo Trump (come lo fu san metanolo) per convincere i trentini a preparare un Piano B, quello del rilancio territoriale.
Eh caro compagno Angelo….il piano B c’è. Lo sai. Ma è violentemente osteggiato dai manager. Con violenza. La violenza di classe.
C’era il piano B e funzionava molto bene. Tant’è che produceva un terzo del bilancio senza ostacolare nessuno. E rappresentava una solidità economica attraverso la diversificazione delle entrate. Troppo avanti
#vogliamoilpianoB comdividete L hashtag in ogni dove !! #territoriocheresiste
il piano B c’è. Esiste, Ma ci sono anche i menager educati alla Bocconi, che se ne fottono del piano B. E poi ci sono i contadini, che se ne fottono. sia del piao B sia del piano A.
Allora forse la tanto bistrattata capacità di diversificare le entrate, con enoteca,bottiglie,lavorazioni in conto terzi della Mori coli Zugna non era poi così sbagliata.!
Chi lo ha detto che era sbagliata?
Era uno dei capi d’accusa al direttore da parte del vechi cda
Valter Gazzini .. sappiamo tutti. Lo sanno tutti. Che quelle sono argomentazioni classiche del management conservatore.
Morì stava dimostrando che si può fare. Che si può costruire un modello equilibrato fra territorio e industria. E qui mi fermo.
Tiziano Bianchi Mori morì
Alessandro Ghezzer sono morituro. È una ipotesi concreta, drio ‘l cantom