Un amico enotecaro (bravo) mi racconta della sua entusiasmante esperienza a Viniferaforum (lo scorso fine settimana a Trento Fiere). Mi racconta di vini di grandissima qualità, di giovani vignaioli dal grande entusiasmo. Di un viaggio inatteso ed emozionante fra i vini delle Alpi e del Trentino. Obietto che secondo me il peccato originale di questa iniziativa, per altro meritoria e di valore, è l’esclusione delle Cantine Sociali, quelli che io chiamo vignaioli collettivi.
Gli dico: “Non si può oggettivamente parlare di vino in Trentino senza fare i conti con il mondo della cooperazione. Si rischia l’equivoco, si rischia di imbastire una narrazione falsata e d cantare un canto strabico“. Lui mi risponde: “Ma da dove vieni, su quale pianeta vivi? Il solo vino trentino capace di avere una dignità enologica soddisfacente e di parlare di territorio è quello dei vignaioli, è quello andato in scena a Vinifera“.
Va bene. Forse ha ragione lui. Forse è vero. Io però continuo a pensare , che senza i vignaioli collettivi, il Trentino sia solo un anonimo territorio in cerca di autore. #seguirabrindisi.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Il mito del povero vignaiolo schiacciato dal procuste cooperativo non se lo beve nessuno con un po’ di memoria o terra.
Però le parole dell’enotecaro dimostrano che è uno strumento di marketing tanto misero e mediocre quanto il pubblico cui mira.
Sulla dignità enologica si può discutere, ma sulla storia e sul territorio nemmeno la provocazione.
La cooperazione per esistere ha bisogno dei vignaioli, i vignaioli per non necessariamente hanno bisogno della cooperazione.
Tiziano. Bastava leggere la prima frase nella presentazione dell’evento: Vinifera è un Forum dedicato ai vini artigianali alpini. La Cooperazione è importante, ma nella fattispecie non rappresenta l’artigianalità (correggimi se sbaglio). Per rappresentare (più o meno) tutta la realtà produttiva del territorio ci sono altri eventi (Mostra dei vini a Bolzano, a Trento la facevano al Teatro sociale se non ricordo male). Sono due contesti dichiaratamente diversi. Ogni mostra presenta la “collezione” che gli pare. Non puoi fare un appunto a chi espone Gaugin di non aver esposto anche Monet (giusto per fare un esempio…)
Hai ragione Patrick ciascuno espone la propria collezione. E i pezzi a cui è più legato. E ciascuno è libero di darsi un obiettivo. E premesso anche di Vinifera ho scritto “iniziativa meritoria e di valore” e che per come ho potuto ne ho condiviso i contenuti, continuo ad essere convinto che al di là del collezionismo, il vino sia prima di tutto un atto politico e un atto economico. E anche uno strumento di indagine sociologica e antropologica di un territorio. Poi per l’amor di dio ciascuno indaga come preferisce e con gli strumenti che preferisce. Ci mancherebbe altro. Comunque se il mio era un appunto “puntuto” lo era soprattutto verso il giudizio tranchant del mio amico enotecaro più verso la manifestazione che ripeto mi è sembrata “meritoria e di valore”:
“il vino sia prima di tutto un atto politico e un atto economico. E anche uno strumento di indagine sociologica e antropologica di un territorio.” Su questo sono d’accordo al 100%, ecco perchè non mi sono nemmeno minimamente permesso di criticare la cooperazione in se.Abbiamo solo convenuto che quel contenitore era destinato alla valorizzazione di un certo tipo di produzione. Possono convivere benissimo anche una vicina all’altra. Da Salorno in su lo potete vedere (anche se non è proprio tutto oro ciò che luccica) 😉
Ma non dipende tutto dall’obiettivo della manifestazione? Se voleva rappresentare tutto il territorio trentino e altoatesino nel complesso, avresti ragione. Ma se voleva rappresentare il vino artigianale di quel territorio, perché avrebbe dovuto invitare anche la cooperazione?
Non posso lasciar perdere, perché ho vissuto da vicino la realtà della Cantina Produttori di San Michele Appiano e posso assicurare che il vino è ottimo, il prezzo è giusto e anche i piccoli che fanno ottime uve hanno diritto a veder ben fatto il vino e ben commercializzato in cooperazione. Per non parlare di quella della Val d’Isarco o, un po’ più in là, Muri-Gries. Sono piccoli anche loro, anzi sono i più piccoli perché non riescono nemmeno a farsi una cantina propria. Associandosi, ci riescono.
Caro Crosta, dici il vero, ma in Trentino lo scenario è diverso … abbiamo gli oligopoli che ritirano lo sfuso dai primi gradi e integrano l’imbottigliato con acquisti da fuori provincia. E fin qui siamo nel legale, ma non nell’etico/morale. Con oltre il 90% del vino in mano ci deve essere attenzione anche per il territorio, modernamente incentivando l’iniziativa potenziale di Soci che, assieme ai Vignaioli sviluppino iniziative imprenditoriali, cedendo i necessari servizi.
Ci sono anche Cantine Sociali serie che aiutano i piccoli vignaioli a coltivare meglio le uve e a consegnarle sane, pagandole bene. Sono tanti i piccoli che non hanno posto né capitali da investire per fare il vino in proprio. Se trovano gente in gamba come Hans Terzer, riescono a rimanere nel territorio, non emigrano, non vendono a chissà chi. Bisogna tenere conto anche di queste realtà, che non sono “alternative” ma complementari. Le scorrettezze, invece, vanno denunciate e colpite anche quando sono “lecite” ma immorali.
Lascia perdere le coop meglio i piccoli che ci mettono del proprio in qualità e passione!!
Credo di aver criticato la cooperazione vitivinicola del Trentino come pochi hanno fatto (tanto da essermi guadagnato porte chiusi e telefoni spenti sia a Ravina che a Mezzacorona). E tuttavia sono convinto che non si possa fingere che non esista (anche solo perché rappresenta il 90 % della materia prima prodotta, quindi del territorio). Che non si possa parlare di vino e territorio senza fare i conti con la cooperazione di primo grado.
non so tiziano non so…
Borgogna: Ogni 4 ha una cantina, Alto Adige: ogni 20 ha una cantina, Trentino: ogni 70 ha una cantina…siamo rimasti un pò indietro…e poi chiedete a Cantina Lagorai al quale è stato detto di non fare cantina che in Trentino ce ne sono già abbastanza!!
Ehhhhhh la politica!!😁😁😁😜😜😁😀😂😭
Michele 😁
Silvano Pdm Clementi
Tiziano Bianchi alora poden serar su baraca e buratini i mezi…per mi quela roba l’è carta da c…o!!!
Questo per dire che la blindatura del sistema (1 azienda vinificatrice ogni 70 ettari: insieme a Mario Pojer e ad Angelo Rossi abbiamo elaborata una tabella di raffronto molto dettagliata che prossimamente pubblicherò) ha radici economiche funzionali agli oligopoli cooperativi ed è stata tradotta anche in un quadro normativo provinciale con la complicità sciagurata della politica subalterna a via Segantini. Era solo per dire che su queste cose siamo d’accordo.
Condivido in pieno il tuo pensiero. Ci sono anche i piccoli che fanno le uve sane ma non riescono a fare il vino da soli e la cooperazione è l’unica strada per fornire ai consumatori il prodotto del loro lavoro.
Credo sia una critica costruttiva che recepiranno con interesse. Cima Cima
#seguirabrindisi #vignaiolicollettivi #concordo100x100
Condivido a pieno il tuo pensiero Tiziano e da parte loro c’è anche apertura verso i vignaioli collettivi…