Penso che chi di dovere stia già intervenendo per bloccare, sanzionare e sequestrare le bottiglie di Prosecco di Valdobbiadene DOC recanti in etichetta la scritta TRENTO 2018 sormontata da un cappello alpino con tanto di penna tricolore, distribuita in città per l’imminente Adunata nazionale dell’ANA. La notizia è stata sparata in prima sabato scorso dal Trentino che rimanda in cronaca con dovizia di particolari e foto. Il titolone è per lo “scippo” del vino operato dai veneti a danno dei trentini. Il copione che sa di déjà-vu, si presta a diverse letture, con tre attori principali e uno sullo sfondo. Prim’attore è il produttore al Canevon, un nome che è già una garanzia, reduce dai successi dell’anno scorso quando, almeno, l’adunata si tenne a Treviso. Che non si potesse usare “Trento” per uno spumante non prodotto nella zona protetta dalla DOC Trento gli dev’essere sfuggito, come pure le severe pene per i trasgressori. Nè vale la scusante del riferimento alla manifestazione trentina con tanto d’annata 2018, altrimenti che tutela del consumatore (e dei produttori del Trento) sarebbe. Una scusante che diventa aggravante, appunto.
L’altro attore è il comitato organizzatore dell’Adunata di maggio che ha il copyright sul proprio logo e qui El Canevon si dimostra più attrezzato, muovendosi con un’immagine che richiama sì, ma che non si può dire sia la stessa cosa. Mancando la richiesta d’autorizzazione, gli Alpini non sono stati obbligati a una scelta che li avrebbe esposti alla critica dei produttori locali e si salveranno bene se scatterà il provvedimento di cui sopra.
Chi non si salva facilmente è il terzo attore, intervistato da g.t., Graziano Molon direttore del Consorzio Vini. Per non favorire un’etichetta piuttosto di un’altra non ci sarà il vino dell’Adunata. E sul Prosecco rimanda la responsabilità in groppa agli organizzatori, è un discorso giuridico, a valutare se quella confezione può trarre in inganno il consumatore. Il dovere di tutelare anche e soprattutto i suoi produttori non lo sfiora neppure. C’è da chiedersi cosa deve succedere di più imponente in una città di 100 mila abitanti che si prepara ad ospitarne altri 500 mila per smuovere un Consorzio ad agire sia sul fronte della promozione che su quello della tutela. No comment.
Il quarto soggetto è l’innominato che sta sullo sfondo, l’Istituto del Trento doc. Avranno pensato che gli Alpini non sono il target di riferimento per un blasonato metodo classico, dimenticando che la penna – magari bianca – la portano anche gli ufficiali, che target classico è, fino a prova contraria. Ma non serve disquisire, se a monte c’è la solita autoreferenzialità, la supponenza e tutti i cattivi pensieri che vengono osservando i fatti dall’esterno. Sarà un’occasione mancata per tutelare chi si rompe la schiena coltivando lo Chardonnay in collina (quasi tutti Alpini) e per promuovere la DOC Trento (e con essa il territorio) anche presso consumatori dei quali tutto si potrà dire, ma non che siano gli ultimi a capire la differenza fra prodotti buoni, autentici, raffinati ed emozionanti rispetto a quelli banali. Che colore ha la bandiera della banalità? La risposta ai lettori.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Da produttore di #trentodoc un po’ mi girano… ma l’ambiguità del marchio collettivo e della DOC, fin da subito evidenziata, non ci aiuta…
Finalmente un produttore a cui girano un po’ le balle!
ma almeno l’italiano… cosa vorrà dire ” recanti in etichetta la scritta TRENTO 2018 sormontata da un cappello alpino con tanto di penna tricolore, esitate in città per l’imminente Adunata nazionale dell’ANA”
Esitate cosa?
scusa .. l’errore di battitura: era un “esistente”
🙁
In effetti si era pensato alle possibili violazioni di copyright per quanto concerne il logo dell’adunata, ma a ben vedere ci sta tutta la violazione all’art.1 del disciplinare, sia perché il prosecco non è rifermentato in bottiglia (e la violazione ci sarebbe anche per uno spumante charmat prodotto in Trentino), sia perché non è prodotto nel territorio della DOC “Trento”.
ho aspettato qualche giorno prima far uscire questa obiezioni. in attesa che qualche produttore si facesse vivo. O che lo facesse Consorzio Vini che è titolato ex lege alla protezione della denominazione. Ma nessuno si è fatto sentire. Del resto è anche ovvio. Ci fosse un’iniziativa nei confronti di questa usurpazione, sarebbe abbastanza automatico (la giurisprudenza recente sul tema amarone docet) un’analoga iniziativa nei confronti degli usurpatori istituzionali, ovvero chi usa il marchio Trentodoc.
Ma da quando si è passati dal “Trento” del disciplinare al “Trentodoc”, non citato nel disciplinare stesso? Non ricordo l’epoca di questo passaggio
non c’ mai stato alcun passaggio: la denominazione è Trento DOC. Trentodoc invece è un marchio commerciale (di proprieta di camera di commercio e dato in gestione a consorzio vini che a sua volto lo ha girato all’istituto Trento Doc). E’ nato nel 2007 su impulso dell’allora assessore alla’agricoltura Mellarini. Che in fondo aveva avuta una bella intuizione nell’idividuare nel Trento un vino distintivo per il trentino, ma che non si è preoccupato per nulla della denominazione. Ma la denominazione resta sempre DOc Trento. Quel marchio è palesemente usurpatorio, ma utile, utilissimo ai produttori perche consente di accedere a notevoli finanzaimenti drenati dalla pat attraverso trentino marketing. Forza lavoro compresa. e qui mi fermo.
Lo so che la denominazione è “Trento”, ma da quando sulle bottiglie c’è scritto Trentodoc. Se non sbaglio non è sempre stato così, o ricordo male?
Nicola Tretter il marchio è nato nel 2007. E lo puo usare liberamente – o non usare – chi imbottiglia doc trento. In etichetta, comunque, deve sempre comparire anche Trento Denominazione di origine controllata. Questa si è obbligatoria, mentre trentodoc è di libero uso (infatti c’è chi non la usa, pur producendo Trento, per esempio gli ottimi Clè Albino Armani 1607 e i Salisa di Villa Corniole)
PS: comunque sulla questione Amarone, la UE ha ribaltato la sentenza di Venezia …
http://www.civiltadelbere.com/autorita-europea-marchio-famiglie-amarone/
Nicola Tretter .. l’europa non è notoraiemnte amica delle denominazioni territoriali. e comunque se questo orientamente dovesse essere consolidiato anche dalla giursiprudenza nazionale….ci aspetterebbe un bel carnevale. …staremo a vedere….
Anche se nel caso Amarone non era un’invasione dall’esterno, un’usurpazione del marchio da parte di chi non produce Amarone, ma una sorta di club elitario di alcuni produttori che con l’aggiunta “d’Arte” lasciava intendere “noi l’Amarone lo facciamo meglio degli altri”. Un po’ come se alcuni produttori di Doc Trento facessero il Doc “Trento d’Arte” … Nel caso del prosecco griffato “Trento 2018”, invece, si tratta di un esterno che mette il nome su un prodotto diverso da quello tutelato. È un po’ diversa la cosa
Nicola Tretter si..si diversissima: ma di fondo, secondo me, c’è la medesima idea o percezione: che le denominazioni non vaglanon nnulla, se non come strumenti commerciali. Ovvero che siano ne piu ne meno di marchi commerciali.
un po come sta accadendo nell’ambito dell’Asti in questi mesi, con la castroneria dell’Asti Secco Docg