Il 2017 stato l’annus horribilis della viticoltura rotaliana. Durante l’estate, in un giorno d’agosto, il cielo sopra il più bel giardino vitato d’Europa si rabbuiò e fu un inferno di ghiaccio che si portò via metà del raccolto. E il resto della messe fu messo a dura prova. Eppure da quella notte buia e tempestosa e da quella vendemmia povera e martoriata nacque un nuovo vino. Il vino della tempesta.
Si chiama “Lezér”, idioma dialettale che significa “leggero”.
Emilio e Theo Zierock, figli della diva (nel senso letterale di divinità pagana) della biodinamica Elisabetta Foradori, si sono dati da fare per salvare il salvabile del Teroldego di famiglia e dalle basi dell’uva superstite e ferita dalla grandine hanno provato a costruire un nuovo progetto enologico. Che da quest’anno entrerà a far parte stabilmente del prestigioso catalogo Foradori.
Numerosissime prove di vinificazione con macerazioni brevi, e poi anfora, cemento e acciaio: tanti lotti assemblati alla fine in questo nuovo vino sperimentale appartenente alla categoria Rosé e dalla marcatura rigorosamente biodinamica.
Lezér sarà presentato per la prima volta in Trentino domani sera, giovedì 31 maggio, a Trento in piazza Lodron, negli spazi del Premiato Panifico Moderno.
Ad accompagnare la degustazione, lo storytelling di quella maledetta (o forse benedetta) tempesta d’agosto e la narrazione della testarda e creativa sperimentazione in cantina di Theo ed Emilio. In sottofondo, poi, le voci notevoli di due cantautori, Peter Burchia e Waira, e la prelibata focaccia romana dei maestri fornai di piazza Lodron.
Ore 18,30 Panificio Moderno, Piazza Lodron, Trento.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!
Il Lezer Foradori mi ha completamente deluso, e sono uno che apprezzo i rosati.
Non lo ho assaggiato. Quindi non lo giudico.
Però mi piace la storia: un vino che nasce dalla sventura. E la sventura è una costante della vita e dell’agricoltura. Poi buono o cattivo, piacevole o no: è l’idea di poter prendere dal mondo ciò che si può senza forzature. Senza Infingimenti. E questa secondo me è una bella lezione (anche di marketing, perché non siamo ingenui). Però prometto che quando mi capiterà a tiro, scriverà semi sarà piaciuto o se mi avrà deluso.