La scala era polverosa, e le pareti non erano state rinfrescate da tempo. Salendo incrociarono un giovane che teneva in mano un fascio di carte. Sul pianerottolo, la Cavalletta li aspettava vicino a una porta socchiusa. Li fece entrare in un ufficio piuttosto grande ma tutt’altro che lussuoso.
Sembrava che fosse stato arredato cinquantanni prima, era buio, e vi aleggiava lo stesso acre odore di vino che avevano sentito nel cortile e nel resto dell’edificio.
«L’ha vista?».
«Chi?».
«Sua moglie».
«Sì. Lei la conosce bene?».
«Quando era ammalato mi è capitato di andare a lavorare in place des Vosges. È una bella donna, vero? Molto intelligente. Lui le chiedeva spesso consiglio».
«Pensavo di trovare un ambiente un po’ più moderno…».
«In avenue de l’Opéra ci sono altri uffici molto diversi, con una insegna luminosa che prende tutta la facciata. Quelli sì che sono moderni, e anche eleganti, luminosi, confortevoli. È lì che si tengono i contatti con i quindicimila punti vendita, e che se ne creano di nuovi ogni mese. Ci sono dei calcolatori e si fa quasi tutto elettronicamente».
«È qui?».
«Questa è la vecchia ditta. Ha mantenuto l’atmosfera di una volta, cosa che rassicura i clienti che vengono dalla provincia»

[ George Simenon – Il mercante di vini ]

Credo sia per la medesima ragione che i produttori ci invitano in cantina: per farci respirare l’atmosfera di una volta, intrisa dell’odore del vino e del mosto. Quell’ambientazione tanto cara a chi cerca diperatamente la verità, o almeno la finzione, di un mondo perduto. E loro, i produttori, che lo sanno bene ce ne regalano l’illusione. Di solito in  barricaia. Nell’implacabile e inesorabile barricaia.

IL MERCANTE DI VINI – Bruno Cremer nei panni del Commissario Maigret