Non c’è proprio verso di aprire quella benedetta Schiava scura (Doc Trentino) dei Produttori di Toblino, che ogni giorno, da due mesi a questa parte, mi supplica di tirarle il collo. No, non c’è verso di aprirla; perché ogni santo giorno passa a trovarmi qualche amico implacabilmente armato di bottiglie. E per una ragione o per l’altra finisco sempre per stappare le ultime arrivate. E intanto la Schiava meranese di Toblino, di cui fra l’altro sono curiosissimo, resta lì intonsa.
Mi ero ripromesso di stapparla ieri sera, e invece alla mia porta ha bussato Matteo con una bottiglia di Goldtraminer delle Dolomiti Biologico (2016 – 12 vol.) . Fra l’altro, guarda a volte il caso, firmata proprio dai Produttori di Toblino, come la Schiava scura che mi sta occhieggiando supplichevolmente anche in questo momento.
Vabbè, appunto, anche l’altra sera le cose sono andate come dovevano: ho stappata la bottiglia (50 cl.) di Matteo. Anche perché, lo confesso, pur avendo sentito parlare spesso di questo vitigno e pur avendo incrociato nelle campagne del Trentino numerose coltivazioni sperimentali seguite dagli agronomi della Fondazione Mach, non ne avevo mai bevuto il vino. Quindi la curiosità per il Goldtraminer ha vinto. E mi ha vinto.
Intanto due parole sul vitigno. Si tratta di un incrocio intraspecifico creato a metà del secolo scorso da Rebo Rigotti, il ricercatore e sperimentatore più prolifico e creativo che abbia avuti i natali in Trentino. Il materiale di partenza si compone di Traminer aromatico fiore femminile e Trebbiano toscano fiore maschile donatore di polline. L’obiettivo di Rigotti pare fosse quello di abbinare l’aroma del Traminer all’abbondanza produttiva del Trebbiano.
Il vino si presenta nel bicchiere sprigionando un colore dorato brillante, come una foglia d’oro densa di luce. Solare. Bellissimo. La carica zuccherina sulla comlessa trama aromatica ereditata dal Traminer si avverte immediatamente al naso. Sono sensazioni che richiamano la pastosità della frutta candida e la confettura di frutta gialla sovramatura. Albicocca e pesca creano una tessitura avvolgente che rapisce l’olfatto e che non smette di alimentare con insistenza indomita la suggestione odorosa. E insieme appaiono la confettura di fichi e la marmellta di arance. La dolcezza fruttata e sovramatura del naso, insommma signoreggia. Ma non è stucchevole. Anzi. L’assaggio in bocca non delude. E conferma tutto quanto promesso all’olfatto. Ma subito arriva la sopresa. Ed è la sopresa di una sensazione di freschezza rinfrescante, adattissima all’estate, che non ti aspetti da un vino così. Una freschezza che si amalgama gioiosamente alla dolcezza e che invita generosamente al secondo bicchiere.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!