Oggi pomeriggio mi sono sdraiato sotto un ombrellone colorato, ho messo un vecchio disco di Caetano Veloso, Outras Palavras, e ho cominciato a leggere il libro che nei giorni scorsi mi ha inviato la mia amica Marilei, un bravo  architetto brasiliano discendente da emigranti veneti; che scherzosamente chiamo Wikipergola, perché ha dedicato molto del suo tempo e dei suoi studi all’analisi del paesaggio vitato della Vale dos vinhedos, la regione del vino più importante del Brasile, caratterizzata dal sistema di allevamento a pergola, importato oltre oceano dai nostri nonni emigranti sul finire dell’Ottocento.

Il libro che Marilei mi ha regalato si intitola LULAA verdade vencera – O povo sabe por que me condanen (è in lingua originale e se qualcuno lo vuole leggere lo può scaricare qui).

È il contro racconto scritto a più mani del golpe invisibile che lo scorso aprile ha portato in carcere l’ex presidente brasiliano Luiz Inácio “Lula” da Silva (2002 – 2010) per impedirgli, con le sottili ma efficacissime armi della giustizia di classe, una nuova candidatura alle presidenziali di ottobre; che già da molti mesi i sondaggi assegnano al vecchio Calamaro; dato per vincente con un vantaggio di molte lunghezze su tutti gli altri candidati e in tutti gli Stati del grande Paese sudamericano.

Ultimo atto, la condanna e il carcere per l’indomito sindacalista dei metallurgici, del processo di stabilizzazione reazionaria in atto in Brasile ad opera delle classi dominanti che controllano i mezzi di produzione, le risorse primarie e le infrastrutture di sistema. Un colpo di stato parlamentare apertosi un paio di anni fa con l’impeachment e la destituzione della presidente Dilma Rousseff.

Nei prossimi giorni, il 15 agosto, le forze popolari brasiliane chiederanno, comunque, la registrazione della candidatura di Lula. Se fosse cassata e i gruppi dominanti golpisti riuscissero a condizionare anche il pronunciamento del Tribunale Superiore, per il Brasile, e per l’America Latina, potrebbe aprirsi una pericolosa stagione di instabilità, sociale, politica ed economica.

Mi fermo qui e torno ad oggi pomeriggio, sperando di non aver gia fatto scappare la maggior parte dei lettori.

Il sole era accecante, ma ero al riparo del mio colorato ombrellone similtropicale e stavo bene anzi benissimo, la lettura del libro di Marilei si faceva pagina dopo pagina sempre più avvincente. Il ritmo tribalista di Caetano sempre più coinvolgente ed energetico.

Mancava solo il vino. Ho pensato subito ad un vino spumeggiante – per l’estate, ma anche per un buon augurio alla candidatura del vecchio Calamaro – e a un vino che fosse luminoso, solare, lucente. Felice. Come il Brasile che conosco. Come il Brasile delle masse popolari e democratiche che in questi giorni si stanno mobilitando  contro i golpisti. Come il Brasile di Lula.

Ho dato un occhiata alla mia cantinetta personale dei vini in temperatura. E l’occhio è caduto istintivamente su questo Charmat: Rosé Albino Martinelli – Igt Vallagarina. Prezzo on line: euro 7,20

La scelta si è rivelata perfetta: alla fine del pomeriggio chiudevo l’ultima pagina del libro di Marilei. E la bottiglia, di sicuro complice l’accompagnamento musicale, era tristemente, e purtroppo, vuota.

E ora il vino. È un rosé carico, abbondante di luce e di colore, un chiaretto dalle tonalità lucide e intense che evocano la materia solare declinata in una scala cromatica luminosissima. Insomma lo sguardo, già dalla bottiglia, soprattutto in queste giornate accalorate di mezza estate, è invitante e sembra ti dica: aprila e non ti deluderà. E felicemente ti disseterà.

La materia prima di partenza è una base Merlot raccolta e vinificata in Vallagarina (come segnala in retroetichetta l’indicazione geografica tipica). Mentre la spumantizzazione avviene in Veneto, sulla sponda gardesana orientale. Perché una base charmat trentina finisce la filiera produttiva oltre confine? La ragione, credo, dipenda dal fatto che nel Trentino dominato dalla produzione industriale e massiva, non ci sono, o almeno sono rari, impianti di spumantizzazione in autoclave adatti alla lavorazione di piccoli lotti. Perchè in Trentino o si è grandi, anzi grandissimi, o non si esiste.

Ma torniamo al vino. Dell’impatto cromatico ho già detto; il perlage è ordinato e fluente, segno di una buona lavorazione e di una ottima materia. La sensazione al naso è di una elegante pulizia. Non si avvertono sbavature o fastidiosi accenni vinosi, come a volte capita in prodotti di questa categoria. Si decifra invece una trama di fondo neutra che mette in evidenza sbuffi di piccoli frutti di bosco, ricordi di more di gelso, di ribes, di susina matura e di pesca gialla. L’impatto in bocca è altrettanto gradevole. È un vino spumeggiante tutta polpa, carnoso. La frutta estiva resta l’elemento dominate, su una intelaiatura segnata da una piacevole componente acida che ne esalta il valore e produce una irrevocabile suggestione di scattante freschezza, evitando le piacionerie degli eccessi zuccherini.

Insomma uno charmat pefetto per l’estate (almeno per l’estate, ma non solo) e per chi non si accontenta di cose troppo beverine e troppo facili. E per chi guarda al mondo con gli occhi della luce e del sole. Dell’avvenire. Come Lula e come il popolo brasiliano.

https://www.youtube.com/watch?v=G8LDjjgGcTo