Nella pellicceria Ravizza di via Montenapoleone entrano solo facoltose signore con qualche raro accompagnatore, animali da pelo (in veste di pelo) e giornalisti accreditati. Come è, come non è, vengo subito individuato come appartenente a quest’ultima categoria, sarà forse perché sto facendo foto a tutti e a tutto.
A piano terra ci sta solo l’entrata e l’imbocco della scala. Al piano superiore, pellicce, signore in pelliccia, un sommelier, una boule con la Cuvée 59 di Travaglino, una forma di grana con il formaggio tagliato a bocconcini, una montagnetta di tarallucci.
Lo spumante ha profumi di frutta gialla, anche esotica, fiori di ginestra, quell’odore delle brioche con l’uvetta che sentivo da ragazzino nella panetteria davanti alla scuola. Il perlage è fine ma non finissimo, una bella freschezza in bocca, buon equilibrio, sapidità lieve.
Alle pareti, pellicce. Sono uno spaccato di un mondo che non conosco, o che perlomeno conosco solo nella forma più classica.
Qui invece vedo, per esempio, una vestaglia (così dice il cartellino) blu di visone, che mi ricorda irrimediabilmente il mio accappatoio.
Costa dodicimila euro, e io mi chiedo: ma in quale occasione una (uno) si mette una vestaglia di visone? Per vedere la televisione la sera? Però con una vestaglia di visone muori di caldo: se hai i soldi per quella vestaglia li avrai anche per una stufetta. Puoi anche prenderla all’Unieuro, tanto non la devi comprare con il reddito di cittadinanza.
Oppure la metti per uscire, per andare a teatro in vestaglia? Per stare sul terrazzo d’inverno? Non lo so, tutto può essere.
Un’altra pelliccia è stampata a baci rossi su fondo rosa. Poi ci sono cose più normali, per esempio i giubbini jeans con il collo di pelliccia, a millecinquecento-duemila euro, e i cappotti, anche questi con il collo di pelliccia.
Due signore si provano qualche capo, sono evidentemente habitué, i cartellini del prezzo neanche li guardano, e mi chiedono una foto.
Lancio un’occhiata alla pelliccia leopardata con inserti verde smeraldo. Ho visto abbastanza, ho fatto un tuffo in questo mondo bizzarro, è tempo di ributtarmi nella strada piovigginosa.
È il nono anno della Vendemmia di Montenapoleone. Di fronte alle porte delle boutique, hostess e steward in uniforme vigilano attenti e un po’ annoiati.
Erano mesi che venivo descritto da un Lorem Ipsum e non mi decidevo mai a cambiarlo. Un po’ per pigrizia, ma anche perché mi piaceva che a descrivermi fosse un nonsense poetico, che parlava di un luogo remoto, lontano dalle terre di Vocalia e Consonantia … oggi però sento che è venuto il momento.
Lombardo di nascita e residenza, trentino di origine e di cuore, qualche affetto mi lega anche al Piemonte. Di mestiere faccio altro, il consulente di ICT Management; fino a non molto tempo fa il vino lo ho frequentato solo dall’orlo del bicchiere.
Conosco Cosimo Piovasco di Rondò da quando eravamo bambini; un giorno ho cominciato a scrivere su Trentinowine, per gioco, su suo suggerimento, e per gioco continuo a farlo. Seguo il corso di sommelier della FISAR Milano, divertendomi un sacco.
Più cose conosco sul vino, meno mi illudo di essere un professionista o un esperto. Qualcuno, ogni tanto, dice di leggermi e di apprezzare questo mio tono distaccato; io mi stupisco sempre, sia del fatto che mi leggano, sia che apprezzino. E ne vado fierissimo.