Tra la fine del millennio scorso e l’inizio della globalizzazione sull’asse Verona-Brennero erano cominciate le ristrutturazioni anche nel settore vitivinicolo.
In Alto Adige la politica confermò la linea rigidamente territoriale intrapresa già all’indomani dello scandalo del metanolo degli anni ’80, quindi bando al vino da fuori, con Cantine Sociali, Tenute e piccole Cantine imbottigliatrici sotto l’unico cappello “Südtirol” integrato da sottozone, varietà di vite e marchio aziendale; il mercato doveva essere quello locale in funzione turistica esteso all’area germanofona. Con sostegno pubblico solo entro questo binario e con un nuovo ruolo per Laimburg ed Enti collegati.
Nel veronese, con Aziende di maggiori dimensioni, il processo partì un po’ dopo, conciliando le esigenze della globalizzazione con le politiche territoriali che puntarono su Amarone, Valpolicella, Bardolino e Durello. Nel mentre molte Cantine si rifacevano un lifting signorile in funzione tecnologica e dell’accoglienza anche senza troppi interventi pubblici, a San Floriano e nei Consorzi vinicoli – con la benedizione di Zaia – si lavorò per la tutela e la valorizzazione dei prodotti. Giocandosi le carte vincenti del Prosecco e del Pinot grigio delle Venezie.
In Trentino, sappiamo che nel ventennio scorso – rinunciando la politica al suo ruolo di indirizzo, coordinamento e controllo – la produzione si è polarizzata attorno al gruppo Mezzacorona (leader strategico, integrato dagli importanti investimenti siciliani) e al Consorzio di secondo grado Cavit cui aderiscono 10 Cantine di primo grado. Sappiamo anche che il tentativo di attivare un terzo polo (LaVis/Cembra, Cesarini Sforza, Girelli, Villa Cafaggio e Poggio Marino) fallì miseramente, come abortì sul nascere il quarto polo imperniato sulla Cantina di Avio con Rivalta e Caprino (VR) con la poi fallita Cantina di Nomi. Per ultimo, il commissariamento di Mori-Colli Zugna.
Nel mentre Mezzacorona continuava sulla linea tracciata da Conci/Rizzoli con Rigotti, Cavit perfezionava la linea di Giacomini con il DG Zanoni, volta ad incrementare i quantitativi ritirati dal primo grado in un’azione anche di surroga alla commercializzazione dei loro rispettivi prodotti di qualità. Con crescenti difficoltà per le sociali desiderose di affermare il proprio brand, schiacciate in basso dai prezzi competitivi di Cavit/Mezzacorona e limitati in alto dall’appeal conquistato dai Vignaioli.
I Vignaioli, appunto: con la loro quota di mercato del 6% rimasta sostanzialmente immutata nel ventennio e non potendo sfruttare la svilita denominazione “Trentino“, si sono perlopiù orientati al “Vigneti delle Dolomiti” per le indicazioni varietali, puntando sul brand aziendale e rifiutando il coinvolgimento ufficiale nelle attività istituzionali di pubbli-promozione. Che anche per questo è andata scemando.
In questa stringata analisi omettiamo per il momento la spumantistica che pure avrebbe un’importante ruolo di prospettiva per quel terzo di uva collinare che si chiama Chardonnay e il comparto affine al vino rappresentato dalla grappa.
Va da sé che con le esigenze prioritarie dei due oligopoli, il ruolo del Consorzio Vini si è limitato a una corretta e notarile attività di tutela, lasciando la citata pubbli-promozione alla Strada del Vino e a Palazzo Roccabruna, senza un briciolo d’iniziativa strategica per il territorio se non la scontata – e per come impostata – insignificante campagna sulla sostenibilità delle produzioni.
A completare l’analisi da diagramma piatto, nel settore sono venuti meno negli anni un pur possibile supporto strategico dell’Ente camerale, uno stimolo culturale della Confraternita della Vite e del Vino, l’impegno sul quadro organizzativo/legislativo di Assoenologi e finanche quello propositivo dei giovani Diplomati di San Michele sempre più lontani dai temi della politica vitivinicola.
In questo scenario si inseriscono oggi le prove di seconde nozze fra LaVis e Cavit.
Chiaro che la situazione debitoria e le dimensioni di LaVis e Cembra-Cantina di montagna col resto dell’arcipelago, impongono una scelta che costerà comunque sudore e sangue. Sia che riabbracci Cavit – perché il prezzo sarà il conferimento totale delle produzioni – sia che opti per un piano alternativo tutto ancora da scrivere e verificare.
Passasse la prima opzione, sembrano certi i riflessi positivi per Cavit, che confermerebbe la leadership trentina con possibili influenze anche sul gruppo Mezzacorona, e riflessi problematici nei rapporti con le proprie associate chiamate a far posto a cotanto partner. Non certo una passeggiata, anche se 7 Cantine su 10 non hanno battuto ciglio nel sostituire Lutterotti alla presidenza Cavit con il più funzionale Libera.
L’altra opzione è in nuce e trascende dal mero rapporto fra LaVis e Cavit per abbracciare il territorio tutto, non già per mettere ipoteticamente quasi tutto sotto il cappello Cavit, ma all’opposto, per ripopolare il territorio con una molteplicità di soggetti cooperativi e non, all’insegna di un rilancio dell’immagine e della notorietà andate scemando nel ventennio trascorso. Per una migliore soddisfazione economica dei produttori e un maggiore orgoglio di appartenenza sia loro che dei consumatori.
Sappiamo che il sistema cooperativo a seguito della globalizzazione si è di fatto dovuto concentrare e trasformare in industriale perché solo così si riesce a stare su quel mercato. Per contro, senza un progetto e senza interventi d’indirizzo e sostegno pubblico le cantine di primo grado e i vignaioli sono destinati a languire non potendo competere che sui mercati domestici o poco altro, al costo di un quotidiano impegno personale per valorizzare i rispettivi brand. Senza il supporto, appunto, del brand di territorio che per questa terra continua ad essere “Trentino”.
In prospettiva, infatti, da questo nome – che di fatto sarebbe il cognome di tutti – non si può strategicamente prescindere, anche se tatticamente in fase costruttiva si potrebbe puntare sulla più piccola denominazione di distretto. Un’idea non nuova che in questo momento verrebbe molto utile per dare uno scopo nuovo all’idea primigenia di cooperazione. Infatti, se in un distretto la cantina sociale di riferimento si aprisse a servizi nuovi per determinati soci conferenti seguendoli sulla filiera dall’uva alla bottiglia e lo stesso facesse per i vignaioli del distretto superando le differenze fra Vignaioli cooperativi e Vignaioli liberi (non associati) come attori di pari dignità per valorizzare il distretto che è di tutti, le cose cambierebbero e di molto.
È giusto e opportuno che le caratteristiche di una siffatta operazione se le cuciano addosso gli interessati. A noi basta sapere che in diverse parti del Trentino ragionamenti del genere si stanno facendo da tempo, ma che non si sono potuti sviluppare perché fin qui mancavano le condizioni. Una di queste è la spaccatura strategica nel CdA Cavit del citato 7 a 3 che non può restare lì a lungo, l’altra è il parimenti citato matrimonio LaVis/Cavit che ora ha i tempi contati, un’altra è il rinvio solo fino a marzo ’19 del commissariamento di Mori-Colli Zugna che meriterebbe una presidenza più illuminata e meno pelosa di quella dell’ex re Sole Mellarini e via elencando, ma soprattutto, last but not least, ora c’è una nuova Giunta Provinciale che non pare appiattita sui cosiddetti poteri forti come le precedenti. Se vorrà lasciare il segno, questa è una buona occasione.
Il tema è chiarire i rapporti industriali e territoriali dei soggetti interessati con al centro il territorio per davvero, invito alla Federcoop di prenderne atto senza ulteriori boicottamenti, invito al Consorzio Vini di ristrutturarsi in organo interprofessionale a rappresentanza paritetica trovando la quadra fra giusto equilibrio industriale e territoriale, invito alla Camera di Commercio IAA di essere più funzionale al progetto e meno autoreferenziale, invito a FEM a riscoprire la formazione anche di Imprenditori e non solo validi tecnici. E questo perché mancano all’appello almeno 350 nuove imprese imbottigliatrici di vini del Trentino, l’opposto cioè della concentrazione di tutto in poche mani incaricate della soddisfazione di 7.500 viticoltori e di enne migliaia di consumatori. Videant consules.
Angelo Rossi e Tiziano Bianchi: quattro mani e una sola testa. Raramente scrivono insieme, ma ogni volta che scrivono, separatamente, è come lo facessero insieme. Insommma A.T. o B.R. … vedete voi, comunque attenti a quei due…
A quanto pare Lavis non dovrà conferire tutto a Cavit, anzi, manterrà i rapporti invidiati dalla concorrenza con Ferrari (10 mila quintali di Ch) e mantenendo il 20% di Glv continuerà a vendere le proprie etichette. A Cavit andrà solo vino sfuso di bassa qualità che la cantina di cembra lavis non riesce a piazzare a prezzi soddisfacenti.
Lo stralcio del debito è un’altra grande operazione.
A questo punto rimango convinto che il titolo sia totalmente sbagliato.
Staremo a vedere fra cinque anni, cosa resterà del patrimonio enologico di La-Vis e della sua capacità di proiettare un’immagine positiva del Trentino all’esterno. Vedremo, accetto anche scommesse. Poi per l’amor di Dio, può anche capitare che dal prossimo anno Cavit diventi un padre misericordioso e si ravveda, e lasci mano libera a LaVis nella coltivazione della sua vocazione territoriale. Ma immaginare, ad oggi e con questi presupposti, che il consorzio di Ravina si accontenti “del vino sfuso di bassa qualità” è come teorizzare che gli asini volano. Comunque, appunto, vedremo. Fra cinque anni, quanto resterà delle linee Ritratti, Simboli e dei gioielli Cembrani.
In effetti solo il tempo ci saprà dare risposte.
A cavit interessava Cesarini Sforza
Vicepresidente intendevo quello della mia cantina, non di Cavit, quello non so neanche chi è. Specifico questo particolare perchè rileggendo quello che ho scritto mi sono accorto che avevo dimenticato di farlo prima
ed infine ecco il bacio….
http://www.ladige.it/news/business/2019/10/02/cavit-si-compra-aziende-vis-verso-polo-300-milioni
Forse era inevitabile. Forse.
Tuttavia, continuo a pensare che questo sia il bacio della morte.
Non è la morte di La-Vis, è la morte del territorio: il vigneto del Trentino si estende su 10 mila ettari circa: poco più del 1,5 % del vigneto nazionale.
Se questa operazione andrà a buon fine, il Trentino esprimerà il secondo gruppo nazionale, per fatturato, subito dopo Riunite-CIV-GIV.
Forse questa potrà sembrare una bella notizia agli ingenui, ma questi numeri raccontano lo spessore di una contraddizione e il profilo di un territorio definitivamente schiacciato su un orizzonte industrialista e deidentificante…e qui mi spingo sul terreno della politica: ruba più identità al Trentino un’operazione globalista come questa o la tratta dei profughi? Fugatti dovrebbe spiegarci qualcosa. Ma anche lui su questi temi è un pavido. con la coda fra le gambe.
Ma nei prossimi giorni ci tornerò su con calma.
Ecco spiego quello che non spiegai .. Casa Girelli stanca di questo Trentino asfittico vendette al tempo alla emergente LaVis, se non sbaglio Zanon (?) e le quote di Cesarini Sforza ecc. Stefano Girelli imprenditore di razza nel fare questo passo assicurò di assistere i nuovi acquirenti, all’estero in particolare dove la Casa e Stefano erano forti da tempo.
Risultato ? Stefano si dissociò .. dissociato. I fratelli Girelli attendevano onestamente i saldi del contratto che furono saldati in tempi lunghissimi (?) rispetto agli accordi sottoscritti.
Oggi arriva Cavit (?) che forse non è poi il male maggiore. Ho vissuto la storia di Lagaria Vini e dei Vini del Concilio.
Che dire ? Se non ci fosse Cavit nel nostro territorio ci sarebbero solo sognanti imprese defunte. anzi super decotte,
Unico baluardo (a suo modo) Fabio Rizzoli che nella Rotaliana ha saputo creare quello che c’è, con suo impegno fortissimo anche nel CVT, come presidente.
Considerazione : da noi non mancano vigne, mancano forse uomini territoriali all’onesto stile Marchionne !
Quello che non mi torna dagli articoli del giornale è come fa Lavis a trovarsi ora tutto d’un colpo pulita dei debiti, se dicevano che erano veramente tanti ma tanti ma tanti da essere persino difficile contarli. Dove sono finiti questi benedetti debiti, in Cavit? O l’alternativa è: alla Cavit hanno stra-stra-pagato a Lavis due aziende che valevano poco o niente (tranne il marchio Cesarini, ma il marchio e basta), dicevo gliele hanno strapagate così tanto da permettere di pagare in un colpo tutti i debiti? E ancora, tutta le gente che dicono dalla Lavis- Girelli- Cesarini passerà alla Cavit a lavorare serviva veramente? o staranno lì a grattarselo e l’unico effetto sarà aumentare fuori delle grazie i costi di gestione? Da contadino di cantina associata Cavit sono domande che io e i miei compari ci stiamo facendo in questi giorni, ma penso che nessuno ce la conterà mai giusta, perchè la versione ufficiale che abbiamo già chiesto al vicepresidente è tranquilli ranqulli tranquilli, abbiamo fatto un affare. Noi non pensiamo che sia così, ma tanto decidono lori quindi. Comunque a mi me spuza de enculada, perdonate il francesismo
Gentile Enrico, nel nuovo Millennio come pure nel vecchio, non basta produrre e non vendere o vendere poco, direttamente o indirettamente. Il ciclo deve essere completo e quindi chi commercializza chiede a chi produce di produrre qualità ma a determinati parametri corrispondenti alla vendita, perlomeno prevista per due anni successivi. E’ il problema del mondo vitivinicolo trentino, modesto rispetto ad altre regioni, che invece hanno saputo cavalcare la tigre, pardòn la Vigna.
Il nostro km0, di botteghe e degustazioni, non può contare solo sul turismo, sui pullman stagionali e di conferimenti talvolta vessatori.
Lavis – Casa Girelli – Cesarini Sforza – Lagaria- I Vini del Concilio- le Cantine Todesca – i Grigolli – ecc. sono alcuni esempi di un lento degrado commerciale e produttivo. Scompariranno ? Non so ma è certo che anche il “nobile vino” nostrano deve fare i conti con queste realtà, organizzandosi meglio. Trump e il mondo inclusi.
La spietata concorrenza di campanile in campanile, di zona in zona, porta inesorabilmente a ciò,
Nel mondo trentino “commercializzare” è parola poco declinata e capita.
Così passiamo a piè veloce dai mercatini di Carollo, al Mart di Sgarbi, liti incluse.
Non ho mai avuto eccessiva simpatia per Cavit – lo confesso – ma oggi. come oggi. fa bene quello che fa.
E’ un po’ la Croce Rossa o Bianca di un sistema che senza accorgersene si è dato la zappa sui piedi e talvolta anche ad eleganti colpi di roncola !
Con sincera, vera stima per lei, per il suo lavoro e i suoi colleghi.
ed ecco il bacio…
https://winenews.it/it/rumors-cavit-verso-lacquisto-di-casa-girelli-cesarini-sforza-e-glv-da-la-vis_400058/
Complimenti Angelo e Tiziano, questo pezzo vi ha fatto meritare una menzione nella rassegna stampa della Federazione delle Cooperative. Non so se sono cambiati loro o se siete cambiati voi. Ma a me sembra anche questa una bella notizia!
Bravi!
https://infojuice.media/permalink/StwKeEB#
File Allegato
Armonica come al solito la suonata a 4 mani di Angelo e Tiziano.
Ma mancano molti dettagli importanti e scottanti della storia non solo di Lavis ma anche di tutto il resto.
Grappa del “Tridente” compresa.
Scusate, dimenticavo ,
La-Vis, la Vallagarina non paga!
Cosimo Piovasco di Rondò dicembre 18, 2014 COMUNICATI STAMPA / COPERTINA
Sante parole senza commento.
Resto in trepida attesa, Giuliano: raccontaci..tu i pezzi scottanti e mancanti.
Anch’io sono in trepida attesa : Tiziano, raccontami prima tu su Zanon, Mellarini e aquaenologhi.
Così si ricomincia ….. Per non dimenticare.
Bollicine per tutti –
Con le Spagnole ? Certo a furia di guardarsi le scarpe si dimentica il resto.
Da tempo auspicavo incursioni del blog nella GDO con marchi e prezzi. Benissimo.
Chiarisco utili anche per i trentini non cooperativi e a favore dei vignaioli di nicchia, delle vendite in cantina, dei mercatini di Natale ecc. ecc. ecc. Si chiama marketing di settore e in economia chi non ci sa fare non deve necessariamente finire nelle corsie di CRI-CAVIT, a prezzi di minimo realizzo.
Sai una cosa Giuliano: siccome sono un uomo insicuro, ho pensato che la mia difficoltà di comprensione dei tuoi ragionamenti possa dipendere da me. Per questo l’altro giorno ho chiesto aiuto al comune amico Angelo, che ti conosce da più tempo di me, pensando mi potesse venire in soccorso. Ma niente, neppure lui riesce più a starti dietro…. insomma ..alzo (iamo) bandiera bianca
Hai/avete ragione. Anch’io alzo bandiera bianca.
Per favore cancellatemi dagli “autori”. Perché tanti e poi tanti non ci sono: sono solo dei silenziosi fans.
Stavolta non vi disturbo davvero più, soprattutto gratis.
Del vino trentino conosco bene solo la parte commerciale e i personaggi. di ieri e i nuovi residuati di oggi. Del Veneto e Alto Adige, poco.
Grazie amici miei del 1° Blog – tutto è stato molto divertente ma anche istruttivo.
Giuliano
Finalmente una lucida e chiara analisi di sistema per i contadinacci ignoranti come me. Finalmente. Credo che se uno legge questo, alla luce di quel che succede al mondo, possa facilmente comprendere le robe. E indignarsi, quando occorre. Cioè spesso.
Visto come liquidano sarebbe bella una fusione anche con S Michele Appiano. Così tanto per…