Basterebbe il concorso enologico organizzato dalla Fondazione Mach e dedicato, si fa per dire, ai “vini di territorio“, per raccontare esaurientemente il paradosso trentino. La premiazione è avvenuta oggi a Vinitaly, nello stand dell’Istituto Agrario lustrato di fino in vista dell’arrivo della folla dei politici e della loro corte adorante. La presenza concelebrante, accanto al presidente Segrè, anche del neo presidente di Consorzio Vini, Pietro Patton, del governatore Fugatti e dei suoi sempre più ineffabili assessori all’Agricoltura e alla Cooperazione, Zanotelli e Tonina, e di una serie di personaggi di seconda fila ma sempre in voga, getta una luce sinistra e grottesca su questo concorso nel momento stesso in cui ne riconosce, depravatamente, il valore e l’impronta.
Il concorso intitolato “Vini del Territorio“, si apprende dal verboso comunicato stampa diffuso nel pomeriggio dalla Fondazioe Mach, era riservato esclusivamente ai vini da uve Nosiola, e va bene, Rotaliano, e va benissimo, e Chardonnay. Sì, Chardonnay. Proprio Chardonnay, il campione indiscusso delle varietà internazionali diffuso come la gramigna in ogni parte del pianeta e anche più in là. Ma che oggi, grazie ai proni soloni di FEM, agli industriali globalizzati di Consorzio Vini e ai territorialisti da dopolavoro della Lega Nord, ha ricevuto il santo crisma del vitigno di territorio.
Il paradosso di questo concorso è il paradosso dell’enologia e dell’ampelografia trentine: fra la fine del Novecento e il primo decennio degli anni Duemila, infatti il vigneto tradizionale rimasto intatto per secoli è stato vittima di un vero e proprio genocidio che ha sacrifico la biodiversità sull’altare traballante del mercato globale. I vini di territorio, Ambrusche, Marzemino, Schiave, che nel 1980 insieme occupavano il 60 % della superficie vitata, sono pressoché spariti dal radar e oggi arrivano a malapena al 5 % delle coltivazioni. Dinamiche inverse, quasi simmetricamente sovrapponibili, invece per Chardonnay e Pinot Grigio. Varietà, quest’ultima, che ora, visto come vanno le cose nei paraggi di Trento, può ben ambire, al pari della Borgogna bianca, ad entrare nel novero dei vini del territorio di cartapesta: appuntamento al prossimo anno e al prossimo concorso per averne conferma. Mentre il mondo va esattamente da un’altra parte e in un’altra direzione: quella dell’identità, della tradizione e del territorio. Basta guardarsi intorno, anche a Vinitaly in questi giorni, per averne la percezione netta. Ma tant’è: il Trentino è sempre un altro pianeta. E questa volta, almeno questa volta, è quello sbagliato.
Quindi FEM, la più alta autorità trentina e, almeno pare, una delle più alte a livello internazionale, in materia di agricoltura, prende atto dello scempio e ci imprime sopra il suo autorevole sigillo. Con la benedizione degli industriali globalisti di Consorzio Vini e di una generazione di politici leghisti pronti a tutto pur di provare l’ebrezza delirante del comando. Pronti anche a convertirsi alla prassi globalista e deidentitaria. La stessa che fino a ieri sera dichiaravano, almeno a parole, di voler contrastare. Ma che alla prova dei fatti, invece, hanno abbracciato felicemente. Forse inconsapevolmente. Forse ingenuamente. Eppure con estrema determinazione. Succubi di una fascinazione da incubo che pare inarrestabile. La stessa che li ha spinti ad indicare all’organizzazione di Vinitaly il direttore generale di Cavit, il manager lombardo Enrico Zanoni, quale candidato trentino per il Premio Betti, assegnato ai Benemeriti della viticoltura italiana. Benemerenza chiaramente assegnata. In quota Trentino ad un industriale cremonese.
#seguirabrindisi
IL COMUNICATO STAMPA
Nella cornice di Vinitaly oggi sono stati consegnati i 24 riconoscimenti ai vincitori della terza edizione del concorso “Vini del territorio”, che nelle scorse settimane ha visto la partecipazione di 68 cantine e 116 etichette regionali di Teroldego, Nosiola e Chardonnay. Sei i produttori da medaglia d’oro: Azienda agricola Maso Poli, Madonna delle Vittorie, Cantina Agraria Riva del Garda, Kellerei Terlan, Peter Zemmer e Azienda Agricola Fedrizzi Cipriano. Menzione d’onore per Mezzacorona-Nosio nel premio unico con valenza didattica “Studenti corso enotecnico” .
IL CONCORSO. Il concorso, che si è svolto nelle scorse settimane nel campus di San Michele all’Adige con centinaia di degustazioni, è autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, promosso e organizzato dal Centro Istruzione e Formazione FEM, in collaborazione con i Comuni della Piana rotaliana, San Michele all’Adige, Mezzolombardo e Mezzocorona, con il supporto delle sezioni Assoenologi Trentino e Alto Adige. Le cantine hanno gareggiato in sette categorie: “Trentino DOP Nosiola vendemmie 2017-2018”, “Vigneti delle Dolomiti IGP Nosiola e Vallagarina IGP vendemmie 2017-2018”, “Trentino DOP Chardonnay vendemmie 2017-2018”, “Trentino DOP Chardonnay vendemmie 2015-2016”, “Südtirol-Alto Adige DOP Chardonnay vendemmie 2017-2018”, “Südtirol-Alto Adige DOP Chardonnay vendemmie 2015-2016”, “Teroldego Rotaliano DOP vendemmie 2011-2016” e “Premio unico studenti corso enotecnico anno scolastico 2018/2019”.
Le 116 etichette in gara, provenienti da 68 cantine trentine e altoatesine e divise in 7 categorie, sono state giudicate da tre commissioni composte da 30 esperti tra enologi, enotecnici, sommelier e giornalisti del settore. Tra i riconoscimenti, particolare valore assume il “Premio unico studenti corso enotecnico”, pensato come esperienza didattica per gli studenti dell’Istituto agrario, coinvolti nelle degustazioni per imparare il metodo di attribuzione del valore ai vino locali.
Oggi, nel secondo giorno di Vinitaly, le cantine vincitrici hanno ricevuto gli attestati dalle mani del presidente FEM, Andrea Segrè, dal direttore generale, Sergio Menapace, dal preside Marco Dal Rì, dal presidente del Consorzio vini del Trentino, Pietro Patton e dal direttore generale, Graziano Molon. Presenti anche il presidente della Provincia Autonoma di Trento e gli assessori provinciali alla all’Agricoltura, alla Ricerca e alla Salute che hanno sottolineato l’eccellenza trentina nell’ambito dell’agricoltura sostenibile e il ruolo chiave della Fondazione Edmund Mach. Al termine della cerimonia si è svolto un piccolo rinfresco curato dagli studenti dell’Istruzione e formazione professionale agroalimentare FEM.
“La storica presenza di FEM a Vinitaly sta a testimoniare il nostro costante impegno per la viticoltura sostenibile, attraverso la ricerca – come il lavoro sulle varietà resistenti–, la sperimentazione, il trasferimento tecnologico e la formazione. A questo riguardo possiamo essere soddisfatti della piena entrata a regime del corso di Viticoltura ed Enologia congiunto con l’Università di Trento grazie al Centro C3A. I numeri dimostrano un grande interesse verso l’iniziativa, con più di 400 studenti che hanno partecipato al test di ammissione per quest’anno accademico”, ha sottolineato il presidente Andrea Segrè.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
oibò!
volendo snobbare l’accaduto,si potrebbe minimizzare, ironizzando sul fatto che ormai sono più i concorsi dei vini presenti(probabilmente avanzerà qualche medaglia,che qualche personaggio bisognoso di farsi notare,potrebbe far sua).
l’intera faccenda assume però toni preoccupanti perchè coinvolge parecchie persone che nel trentino enologico e politico in questo momento contano.
per chi vuole farsene una ragione o comunque avere uno strumento per una lettura sociologica e antropologica dei fatti,consiglio la lettura di un breve saggio del prof.Carlo M. Cipolla :”le leggi fondamentali della stupidità”.
ad maiora!
Ai miei tempi, il mitico prof. di viticoltura e enologia di San Michele di fronte a un’esposizione siffatta (il Concorso intendo) ti avrebbe rifilato un bel 4 condito con un “va a posto, va: poche idee e ben confuse!”
Non me ne vogliano gli amici di FEM, ma non si capisce quale sia il loro concetto di “territorio” in vini di territorio con le 7 categorie costituite da altrettante DOP/IGT. Si vede che per ridurre i posti a tavola si fa a turno, che la DOP non è il massimo (raggiungibile anche con l’IGT), che le tipologie varietali sono subordinate alla DOP/IGT, ma prevalgono perché sono solo 3, ancorché 1 extra territoriale, ma con varietà raggruppate in 2 gruppi di annate. C’è poi l’IGT Vallagarina ’17-’18 che si presume riferito al solo Nosiola. Boh.
Alle Commissioni d’assaggio sarà stato spiegato tutto per bene e l’auspicio è che qualcuno spieghi per bene anche a tutti gli studenti la portata del termine “territorio” con le sue molteplici declinazioni.
M’immagino le capriole dei nuovi prof. chiamati a territorializzare varietà autoctone e internazionali, sistemi territoriali uguali, ma differenti, denominazioni apicali (DOP) di pregio pari alle sottoposte (IGT). Auguri.
PS: non mi si venga a dire che FEM deve seguire le dinamiche del territorio (già piegato ai bisogni dell’industria). FEM deve insegnare che territorio e biodiversità sono altro.