Torno sul discorso abbozzato nel post di ieri, sul rapporto fra qualità e territorio. E lo faccio con un esempio banale, con un’immagine tratta da un volantone (Poli/Orvea) che ho trovato nella cassetta delle lettere poco fa.
Il Mori Vecio (seppure nella sua versione base), che resta uno dei bordolesi più prestigiosi del Trentino e una delle grandi innovazioni di cui l’enologia locale possa vantarsi, arriva al consumatore finale al medesimo prezzo di un Caldaro Scelto, seppure prodotto da una cantina storica dell’Alto Adige.
E allora il valore aggiunto e il discrimine dove stanno? Nella qualità o nel territorio? Purtroppo come si apprendeva ancora ieri, sia la massima autorità agronomica trentina, Fem, che l’improvvisato assessore all’Agricoltura della PAT, Giulia Zanotelli, sembrano convinti, perché tutto sommato è più facile e politicamente meno rischioso, che il tema vero sia quello della qualità. Astratta.
#seguirabrindisi
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.