Poco fa ho letto sul numero in edicola di Vita Trentina della richiesta di Docg per il Vino Santo.
Mi è parso tutto superficiale, scontato, per nulla informativo al lettore non specialista. Per questo è necessario chiarire alcuni aspetti per chi non conosce i fondamentali. Ci provo con questo breve decalogo. E concludo con una proposta.
1. Vino Santo non è il nome di un vino, ma un “modo di elaborazione” di un vino e come tale non è tutelabile da una Doc o Docg; cioè senza un’origine geografica definita e tradizionale ognuno può elaborare un vino santo appassendo o asciugando uve come gli pare, aggiungendo poi alcol o meno, in qualsiasi posto.
2. In Toscana e in Trentino, ma anche altrove, per tradizione si appassiva e si appassiscono uve (per periodi più o meno lunghi), come nel caso dell’Amarone.
3. Per tutelare i produttori dalle indebite concorrenze ci sono primariamente la Doc o la Docg, per cui i trentini il Vino Santo lo hanno protetto a suo tempo inserendolo sotto il cappello della Doc Trentino assieme ad una ventina di tipologie varietali o altri modi di elaborazione (es. kretzer per il Lagrein Trentino Doc).
4. Per funzionare bene, di una Doc/Docg bisogna prima di tutto promuovere l’origine, e – in subordine – eventuali altre caratteristiche del vino (varietà, annata, colore, ecc.). Orbene, la tradizione commerciale trentina che storicamente non si rifà a quella francese ma a quella tedesca, privilegia la tipologia varietale: ciò significa ad esempio che per funzionare bene, sulla Doc Trentino bisognerebbe investire/spendere il doppio (varietà e origine, o meglio origine e varietà). Ma da un ventennio almeno sull’origine non si investe con convinzione, al netto di ciò che è obbligatorio per legge. Promuovere ad esempio Trentodoc anziché Trento è un errore che non si dovrebbe fare.
5. Tornando al Vino Santo, ultimo per quantità ma fra i più meritevoli della Docg, c’è un primo problema con la Doc Trentino. Se tutta la Doc Trentino con le sue tipologie passasse a Docg, nulla questio, ma restando tutte all’infuori del Vino Santo a livello di Doc, il Vino Santo deve trovarsi un altro nome geografico per la sua Docg e perdere il vantaggio competitivo che bene o male il Trentino porta con sé.
6. Questo nome geografico non lo si è ancora sentito, perché quelli possibili sono… impossibili. Sarca o Valle del Sarca no perché il territorio da tutelare è molto più vasto dei quattro Comuni interessati. Peggio ancora Valle dei Laghi che non è nemmeno geografico. Il migliore e più adatto ad un Vino Santo ex Trentino sarebbe Toblino che, non essendo Comune, potrebbe per questa tipologia di prodotto definire la zona di produzione comprendente i soli quattro Comuni.
7. Toblino però è la ragione sociale del più grande dei produttori interessati, Cantina Toblino, appunto. Come farebbe questa Cantina a vendere tutti gli altri suoi eccellenti vini, rinunciando o minimizzando la sua ragione sociale?
8. Un altro nome geografico che comprenda solo i quattro Comuni pare non esistere, almeno nella necessaria tradizione d’uso prevista per le Docg. È per questo che la patata bollente è stata scodellata all’inane Consorzio di Tutela Vini di Trento?
9. Resterebbe, forse, la strada di lasciare il Vino Santo sotto il cappello della Doc Trentino, ma con una specificazione geografica comprendente solo i quattro Comuni, magari utilizzando “Lago di Toblino” e con questo stratagemma tentare di ottenere da Roma la Docg Trentino Lago di Toblino Vino Santo.
10. Se non andasse questa strada, resterebbe la possibilità per una Docg del tutto nuova “Lago di Toblino Vino Santo“, convincendo da un lato la Cantina Toblino sugli indubbi vantaggi dell’essere e restare leader di prodotto con quel nome (senza dire degli obblighi morali verso il territorio che stanno in capo ad una cooperativa), e dall’altro convincere Roma fra opportunità e vincoli che la questione pone. Chi resta fuori, infatti, anche se la cosa gli interessa punto, potrebbe opporsi, così tanto per far perdere altro tempo a un pugno di volonterosi che mirano solo a valorizzare il proprio hobby. Perché di arricchiti col Vino Santo negli ultimi secoli le cronache non ne ricordano alcuno.Concludendo si può ben dire che un eventuale successo della prima Docg del territorio creerebbe un qualche problema al restante 90% dei vitivinicoltori che hanno scelto altrimenti e un qualche interrogativo anche al 90% dei restanti Vignaioli che puntano come i grandi competitor più al brand aziendale che all’origine ancestrale dei loro prodotti. I consumatori attenti osservano, s’informano e poi scelgono.
2. In Toscana e in Trentino, ma anche altrove, per tradizione si appassiva e si appassiscono uve (per periodi più o meno lunghi), come nel caso dell’Amarone.
3. Per tutelare i produttori dalle indebite concorrenze ci sono primariamente la Doc o la Docg, per cui i trentini il Vino Santo lo hanno protetto a suo tempo inserendolo sotto il cappello della Doc Trentino assieme ad una ventina di tipologie varietali o altri modi di elaborazione (es. kretzer per il Lagrein Trentino Doc).
4. Per funzionare bene, di una Doc/Docg bisogna prima di tutto promuovere l’origine, e – in subordine – eventuali altre caratteristiche del vino (varietà, annata, colore, ecc.). Orbene, la tradizione commerciale trentina che storicamente non si rifà a quella francese ma a quella tedesca, privilegia la tipologia varietale: ciò significa ad esempio che per funzionare bene, sulla Doc Trentino bisognerebbe investire/spendere il doppio (varietà e origine, o meglio origine e varietà). Ma da un ventennio almeno sull’origine non si investe con convinzione, al netto di ciò che è obbligatorio per legge. Promuovere ad esempio Trentodoc anziché Trento è un errore che non si dovrebbe fare.
5. Tornando al Vino Santo, ultimo per quantità ma fra i più meritevoli della Docg, c’è un primo problema con la Doc Trentino. Se tutta la Doc Trentino con le sue tipologie passasse a Docg, nulla questio, ma restando tutte all’infuori del Vino Santo a livello di Doc, il Vino Santo deve trovarsi un altro nome geografico per la sua Docg e perdere il vantaggio competitivo che bene o male il Trentino porta con sé.
6. Questo nome geografico non lo si è ancora sentito, perché quelli possibili sono… impossibili. Sarca o Valle del Sarca no perché il territorio da tutelare è molto più vasto dei quattro Comuni interessati. Peggio ancora Valle dei Laghi che non è nemmeno geografico. Il migliore e più adatto ad un Vino Santo ex Trentino sarebbe Toblino che, non essendo Comune, potrebbe per questa tipologia di prodotto definire la zona di produzione comprendente i soli quattro Comuni.
7. Toblino però è la ragione sociale del più grande dei produttori interessati, Cantina Toblino, appunto. Come farebbe questa Cantina a vendere tutti gli altri suoi eccellenti vini, rinunciando o minimizzando la sua ragione sociale?
8. Un altro nome geografico che comprenda solo i quattro Comuni pare non esistere, almeno nella necessaria tradizione d’uso prevista per le Docg. È per questo che la patata bollente è stata scodellata all’inane Consorzio di Tutela Vini di Trento?
9. Resterebbe, forse, la strada di lasciare il Vino Santo sotto il cappello della Doc Trentino, ma con una specificazione geografica comprendente solo i quattro Comuni, magari utilizzando “Lago di Toblino” e con questo stratagemma tentare di ottenere da Roma la Docg Trentino Lago di Toblino Vino Santo.
10. Se non andasse questa strada, resterebbe la possibilità per una Docg del tutto nuova “Lago di Toblino Vino Santo“, convincendo da un lato la Cantina Toblino sugli indubbi vantaggi dell’essere e restare leader di prodotto con quel nome (senza dire degli obblighi morali verso il territorio che stanno in capo ad una cooperativa), e dall’altro convincere Roma fra opportunità e vincoli che la questione pone. Chi resta fuori, infatti, anche se la cosa gli interessa punto, potrebbe opporsi, così tanto per far perdere altro tempo a un pugno di volonterosi che mirano solo a valorizzare il proprio hobby. Perché di arricchiti col Vino Santo negli ultimi secoli le cronache non ne ricordano alcuno.Concludendo si può ben dire che un eventuale successo della prima Docg del territorio creerebbe un qualche problema al restante 90% dei vitivinicoltori che hanno scelto altrimenti e un qualche interrogativo anche al 90% dei restanti Vignaioli che puntano come i grandi competitor più al brand aziendale che all’origine ancestrale dei loro prodotti. I consumatori attenti osservano, s’informano e poi scelgono.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Caro Angelo. quello che tu dici è serio e vero. Ad ogni modo da anni non si ascoltano le voci che gridano .. di ragionare.
In silenzio però ci sono quelli che qualcosa combinano, vanno a Roma e li premiano pure !
Bravo Preghenella e congratulazioni !
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