Non ce n’è uno. Nella serata dedicata dalla Fisar Milano alla guida alle 100 migliori bollicine di Slow Wine non c’è un Trento, a pagarlo a peso d’oro.
Credo che per questa serata siano state usate le bottiglie che i produttori avevano mandato per Fermento, ma che erano rimaste chiuse; c’è anche in programma di usarli, questi vini rimasti, per serate promozionali nei locali milanesi. Però, a Fermento tutto il Trentino era latitante: per il Trento c’erano solo due spumanti (Bellaveder e Altemasi di Cavit), non presenti tra quelli della guida. Poi c’era Filanda de Boron, e meno male, un PIWI, ma fine della storia. Colpa anche mia, non sono riuscito a convincere nessuno. Ho telefonato personalmente a questo e quello, ma niente. Sicché, niente promozione per il Trentino, o quasi. Si vede che non serve. Per fortuna c’era l’Alto Adige con i suoi Pinot nero e Gewürztraminer. Almeno la regione era rappresentata, anche se i miei amici mi accusano di considerare Alto Adige e Trentino due regioni diverse: ma sono dei maligni.
La prossima volta chiederò di occuparmi della Sicilia. C’è più soddisfazione, i produttori siciliani a fare promozione a Milano ci tengono e arrivano in massa. E poi ci sono dei gran vini.
Torniamo alle bollicine. Mi siedo e scorro la guida Slow Wine in omaggio; faccio un po’ fatica a individuare i Trento (non moltissimi) perché la guida non è in ordine geografico ma in ordine alfabetico. Anche l’indice alla fine è, opportunamente, in ordine alfabetico, con il piacevole effetto collaterale che anche i numeri di pagina sono in ordine numerico, dal più piccolo al più grande. Insomma, un indice che non serve a un cazzo, accoppiato però a un ordinamento che non aiuta per niente.
La serata si snoda sul confronto tra Charmat e Metodo Classico. Due vini a confronto per ogni flight, con un piccolo gioco: i vini sono serviti alla cieca in coppie e bisogna indovinare quale è l’uno e quale è l’altro. Vi racconto solo i cinque che mi sono piaciuti di più: due Charmat e tre Metodo Classico.
Tra i Conegliano Valdobbiadene presenti, interessanti (a mio parere) SORELLE BRONCA Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Particella 68 e MALIBRAN Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Cinquegrammi.
Limpido, bollicina (ahimè) abbastanza grossolana il Sorelle Bronca, un naso pulito, con note fruttate di pera e un leggero balsamico; in bocca è bevibile sapido, giusta morbidezza. Un vino leggero e piacevole.
Naso più profondo per il Malibran, con sentori di mela, uva, banana, pera, uva spina, gelsomino, agrumi, un palato più pieno, un maggiore corpo e comunque un finale pulito. Regge bene anche un antipasto per nulla evanescente come la torta valdostana, con prosciutto, spinaci e formaggio (tra gli stuzzichini della serata).
Tra i metodi classici, da segnalare GIOACCHINO GAROFOLI Verdicchio dei Castelli di Jesi Pas Dosè, MONSUPELLO Metodo Classico Nature e QUARTOMORO DI SARDEGNA Metodo Classico “Q”.
Giallo paglierino con riflessi verdolini, brillante il Verdicchio. Sentori vegetali, minerali di talco e cipria, frutta secca, erbacei, poi il rosmarino, un fondo burroso. È di corpo ed equilibrato. Un vino gastronomico che saprebbe tenere a bada quasi tutte le pietanze, con un finale piacevolmente amaricante e un ricordo sapido, salmastro e persistente. Bollicina fine e molto piacevole.
Il Monsupello ha un colore ramato, un naso un pochino più aperto, sentori fini, delicati e piacevoli floreali di rosa e di fragolina e ribes, un po’ di frutta secca. Si sentono bene in bocca sia le morbidezze che l’acidità, come ci si aspetta da una bollicina, è decisamente secco e asciutto. Anche questo un vino da pasto; la bollicina è piuttosto fine, piuttosto ben integrata in bocca, per niente aggressiva. Persistente e piacevole in bocca.
Il Q infine ha un naso “vulcanico”, iodato, con note di macchia mediterranea, ginestra, di mirto; poi sentori agrumati, cedro candito. In bocca è pieno, con una bella intensità, corpo e freschezza. Effervescenza delicata e un po’ evanescente con un finale di bocca leggermente amaricante.
Certo con il Monsupello non si scherza (e nemmeno col Verdicchio) ma è quest’ultimo quello che mi ha trascinato di più. Verso il mare, perché verso le montagne di Trento, stasera, non è dato di andare.
Erano mesi che venivo descritto da un Lorem Ipsum e non mi decidevo mai a cambiarlo. Un po’ per pigrizia, ma anche perché mi piaceva che a descrivermi fosse un nonsense poetico, che parlava di un luogo remoto, lontano dalle terre di Vocalia e Consonantia … oggi però sento che è venuto il momento.
Lombardo di nascita e residenza, trentino di origine e di cuore, qualche affetto mi lega anche al Piemonte. Di mestiere faccio altro, il consulente di ICT Management; fino a non molto tempo fa il vino lo ho frequentato solo dall’orlo del bicchiere.
Conosco Cosimo Piovasco di Rondò da quando eravamo bambini; un giorno ho cominciato a scrivere su Trentinowine, per gioco, su suo suggerimento, e per gioco continuo a farlo. Seguo il corso di sommelier della FISAR Milano, divertendomi un sacco.
Più cose conosco sul vino, meno mi illudo di essere un professionista o un esperto. Qualcuno, ogni tanto, dice di leggermi e di apprezzare questo mio tono distaccato; io mi stupisco sempre, sia del fatto che mi leggano, sia che apprezzino. E ne vado fierissimo.
E’ esattamente la mia rabbia, Conte, e l’hai descritta benissimo, con quell’icastico “Trentino di nicchia e di nicchioni”.
Un territorio che produce eccellenze vinicole, snobba contemporaneamente una delle “piazze” più interessanti d’Italia e un’associazione di sommelier con un migliaio di iscritti solo a Milano.
Poi “si fa fatica a vendere”. Ma fatemi il piacere.
È esattamente la mia rabbia, Conte, realtà vinicole di eccellenza che rimangono autoreferenziali, volutamente di nicchia, come hai detto benissimo (sui nicchioni, è un’immagine fulminante, ma lasciami glissare…)