Quindi, Cantina La-Vis e Cembra Cantina di Montagna dopo 15 anni di successi e di tribolazioni rientrano nell’orbita Cavit. L’accordo è stato firmato venerdì a Milano. Domani sarà presentato a Trento. Ieri la stampa locale ha salutato l’operazione con un surreale titolo d’intonazione encomiastica: “Cavit e La-vis: super nozze”. Più che un super matrimonio, personalmente, invece, giudico questa ulteriore concentrazione vinicola, che impoverisce il già ossuto pluralismo trentino nel settore vitivinicolo, come un’azione di macelleria territoriale.
Ecco, per sommi capi, cosa prevede il contratto matrimoniale: Cavit acquisisce, pagandoli circa 25 milioni, i tre rami d’azienda più efficienti dell’ormai ex gruppo lavisano: lo spumantificio Cesarini Sforza (fatturato a 7 milioni), mossa che rafforzerà la posizione del consorzio di Ravina sul fronte della denominazione TRENTO e della produzione di Charmat, la storica azienda di imbottigliamento Casa Girelli (fatturato vicino ai 40 milioni), e infine anche il braccio commerciale del gruppo, GLV. E così in un sol colpo l’imbottigliatore industriale di Ravina, vestendo i panni dell’angelo salvatore, incamera portafogli clienti e strumenti di produzione e si libera di due competitor.
A questo punto, fatta pulizia delle posizioni debitore, sia grazie alla cessione a Cavit dei suoi tre gioielli e ad una ristrutturazione del debito che peserà sulle banche per circa venti milioni, e debitamente spolpata fino all’osso, Cantina di Lavis diventa l’undicesma cantina dell’arcipelago Cavit. Ed entra in quest’orbita come una qualsiasi altra cantina di primo grado e in una posizione di estrema debolezza e fragilità. Perché, spogliata degli strumenti commerciali e operativi, questa cantina è destinata a diventare in breve tempo un centro di raccolta e di vinificazione per conto del consorzio di secondo grado. Una strada segnata che suona come una campana a morto sulla tradizione, la vocazionalità, la competenza, l’esperienza di questa cantina nel capo dei vini di territorio.
Per converso dopo questa operazione, il Trentino, con poco più dell’1,5 % del vigneto nazionale, potrà vantare (?) il secondo gruppo vinicolo italiano misurato nella classifica dei fatturati: ancora a lunga distanza da Cantine Riunite & Civ con Gruppo Italiano Vini, ma addirittura prima prima di Caviro, di Antinori, di Zonin e di Fratelli Martini.
Ripeto: qualcuno le ha chiamate super nozze, io questa la chiamo macelleria territoriale. Di stampo globalista.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Caro Cosimo, ho provato ad entrare in partita.. ma era piu’ facile far passare una Cammella nella cruna dell’ago.. ( tanto per rimanere in tema biblico..) Bravi attori. Una filodrammatica non gliela toglie nessuno..
Però abbiamo un territorio insignificante in superficie coltivato ad uva, ma due delle cantine italiane più grandi in assoluto. Economie di scala pazzesche. Poi che l’operazione sia servita per uscire dal cappio al collo del debito dei soci della La Vis ci sta.
Articolo che mette insieme idee confuse, lavis, o meglio il cda ha fatto una operazione perfetta, alleggerito il costo del personale, stralcio del debito e mantenuto la possibilità di vendere le proprie etichette.
Chi scrive altrimenti ha un bel coraggio
Niente di più facile che io abbia idee (poche) confuse (molto).
Che poi l’operazione, che comunque poggia su una gigantesca (per il Trentino) ristrutturazione del debito, sia “perfetta” per i soci e per garantire loro una remuneratività sufficiente ci può anche stare; che questa sia una buona notizia per il sistema trentino, che è quello che interessa a me, è un altro paio di maniche. Ma visto il suo tono non mi pare lei abbia voglia di discutere di questo.
Delle due l’una: o sei troppo pessimista tu oppure non hanno capito niente i soci della Coop lavisana, che hanno indetto un mese di festa per celebrare degnamente il ritorno a Ravina
Io credo che i soci facciano bene a fare un mese di festa: questa operazione mette loro il cuore in pace e senz’altro assicura loro un futuro dignitoso. Poi, però, c’è un antro punto di vista, che invece prende in considerazione lo stato di salute del sistema nel suo complesso e nel suo profilo generale. E da questo punto di vista ne esce la mia valutazione. Che posso anche tradurre così: una bella notizia (forse) per i contadini lavisani e cembrani. Ma una pessima operazione per il Trentino, che in un sol colpo si ritrova spogliato di alcuni attori che gli hanno reso onore nel mondo e che allo stesso tempo vede sparire dfinitivamente un’espressione pluralistica che faceva, ha fatto, da contraltare all’ideologia globalista di Cavit e Mezzacorona.