Adesso che nolente mi sto assuefacendo ai domiciliari, si accavallano pensieri disparati, dai ladri forzatamente inoperosi, alle future mangiate di pesce e selvaggina in ripopolamento, a come saranno capelloni anche quelli che non hanno fatto il ’68 o ridicoli quanti si saranno fatti l’auto-sfumatura e via cioncionando.
Già stanco anche della valanga di battute audio/video che girano sui cosiddetti social, torno al come eravamo, al dove eravamo rimasti… e al dove andremo finire.
Sono passate poche settimane e sembra già un secolo.
Che fine ha fatto l’enfasi vinicola? Sì certo, qualcuno insiste ma il messaggio arriva tarpato, come bisognoso di scrollarsi di dosso un abito vecchio.
Che fine ha fatto il caos delle seggiole in Federcoop? Chissenefrega. Forse stanno – stiamo – capendo che i nomi devono essere funzionali a un progetto e non viceversa. E allora, di che progetto stiamo parlando? Dell’idea di tornare all’ancien régime di don Guetti o a quello industrial-globalizzato dei decenni scorsi, posto che la formula Mattarei non ha, né poteva, funzionare?
Sulla tela del ragno si è abbattuta una tempesta e il ragno è costretto a star rintanato. Aspetta che passi la buriana, rimpasta il suo filo di seta pensando al da farsi.
E le sue vittime potenziali, rimuginano qualcosa?
Fuor di metafora, i vitivinicoltori tutti – perché nessuno si potrà chiamarsi fuori – cominciano a pensare a come dovrà/potrà essere il futuro prossimo venturo?
Che nulla sarà più come prima lo si era già detto altre volte dal dopoguerra in poi, col metanolo (1986) poi con le Torri gemelle (2001) e con la crisi dei subprime (2008). Ma stavolta rischia di essere più diverso di sempre.
E allora dovremo resettare tutto, salvando il potenziale fin qui costruito e mettendoci a ipotizzare un progetto possibile per il post Coronavirus.
Immaginando – e ci vorrà una buona dose di fantasia – come potrà/dovrà essere il nuovo assetto della società degli umani, compresa la filiera viticoltore-consumatore.
Auguri ai rispettivi neuroni.
PS: come umani, non siamo tutti uguali: c’è chi costruisce, chi disfa e chi se ne sta a guardare. Almeno in questo siamo diversi dai ragni.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Eh già gentile signore, i contadini di una volta si organizzavano, si ribellavano, magari mandavano qualcuno alla forca o alla ghigliottina. Non si preoccupi non parlo di noi, ma dei tanti di noi che hanno chinato la schiena credendo e cedendo ai padroni delle poltrone, ai dispensatori di denari dello Stato in nome della Autonomia, a chi ha pensato alle gelate per promettere un pugnetto di denari inutili. Già perchè lo dice anche lei innovazione e tecnologia in campagna da noi non vanno d’accordo. Sotto il segno di San Michele Arcangelo si sono fatti affari e non affari, si sono creati agricoltori capaci e incapaci di andare avanti da soli. E’ forse questo il problema; il fenomeno “prosecco” lo abbiamo irriso mentre ecco quello che succede da noi : prodotti autoctoni dimenticati e soppressi, a parte il Teroldego che finirà che non se lo beve più nessuno. Poi tutti a fare bollicine, Pinot, Chardonnay, tutti uno sull’altro quasi a giocare a “rubamazzo”.
Peccato, da noi non c’è stato mai il Rinascimento.
Spero che almeno in un domani qualsiasi si farà il Risorgimento !
buon giorno Conte!
a tal proposito,le sue ultime parole ,mi rimandano ad un passaggio di un meraviglioso brano musicale di Franco Battiato:”L’EVOLUZIONE SOCIALE,NON SERVE ALL’UOMO,SE NON È PRECEDUTA DA UN’EVOLUZIONE DI PENSIERO”.
temo che su queste nostre montagne e dentro le valli ci siamo rassegnati da secoli a sviluppare pochi e d elementari pensieri,che inesorabilmente ci hanno consegnato una condizione sociale da servi lamentoni.
ad maiora.
Nell’augurarci che tutto vada a buon fine e anche il più presto possibile vorrei dire che a me dispiace vedere in Rete tanti settori darsi da fare per non perdere tempo e organizzarsi per la ripartenza mentre noi agricoltori siamo l’unica categoria ferma sul divano a girare i pollici.
Personalmente sono bombardato tutti i giorni da inviti a seguire webinar degli argomenti più disparati ma di agricoltura poco, gli unici attivi sono quelli che gestiscono piattaforme che poi ti esibiscono “l’abbonamento”.
Quanto sarebbe prezioso ora avere una FEM che in collaborazione con CAVIT, MELINDA, FTCOOP ecc…, gestisse quel tanto sbandierato “trasferimento tecnologico” a tutti i contadini connessi.
Qualcuno ricorderà che la proposta era stata avanzata in tempi non sospetti,
offrendo la disponibilità di sostenersela finanziariamente purché si faccia.
E invece no.
Non aver sfruttato questa opportunità per il ritardo di qualcuno si è rivelata una scelta sbagliata, un appiattirsi verso il basso, penalizzante per chi ha investito per stare al passo con i tempi.
Non capisco perché in altri territori chi ha investito in tecnologie è stato premiato mentre da noi è stato praticamente penalizzato.