[credit ph: Fabio Galas – labusa.it]

Dopo aver letto il coccodrillo di Carlo Andreotti, cognato del mio grande amico Augusto Giovannini, giornalista eccelso e soprattutto uomo veramente uomo libero, ecco che mi tocca ricordare Marco Simonetti, uomo altrettanto libero e altrettanto eccelso.

Marco Simonetti negli anni ’68-69  del secolo scorso ha fatto parte di quella ghenga di trentini espatriati e vagabondi (io compreso) che nella Milano delle nebbie, dello smog e di altrettanti problemi, perché anche quelli c’erano, cercavano di vivere come erano nati: da trentini con le palle quadrate. Come i trentini migliori sanno fare. Anche quando incontrano la metropoli.

Marco ce la fece. Tornò nella sua heimat prima di me; dopo aver attraversato il mondo e aver lasciato il segno del suo passaggio.

Tornò a Riva del Garda dove provò a rinnovare l’immagine della grappa e del vino: con uno stile che allora (e ora? Boh!) non esisteva nella terra della qualità fasulla della vita e con una presentazione del territorio ispirata alle sue esperienze in Alfa Romeo e poi ad Arese.

Chi possiede le famose bottigliette serigrafate in rosso della sua “Lega Antianalcolica” le tenga come oggetto prezioso e sappia che Marco, come tutti i migliori creativi dell’alcool e dintorni quasi non beveva. Quasi.

Creava simpatia, stima, affetto e intelligenza, per tutti. E forse capito da pochi.

Ciao Marco. Ne vedèm