Al quarto posto troviamo il Musigny di Domaine Georges & Cristophe Roumier (13.050 dollari), al quinto il Montrachet di Domaine Leflaive (10.100 dollari), seguito al sesto posto da Montrachet di Domaine de la Romanée-Conti (7.921 dollari), al settimo da Chambertin di Domaine Leroy (7.553 dollari) e all’ottavo posto dallo Chevalier-Montrachet di Domaine d’Auvenay (6.616 dollari). Nono posto per il vino simbolo dell’enologia statunitense: il Sauvignon Blanc di Screaming Eagle (6.070 dollari). Chiude la top ten dei vini più costosi al mondo il Richebourg di Domaine Leroy (6.006). Allargando l’analisi ai primi 50 vini più costosi, il predominio della Borgogna è interrotto da 11 etichette tedesche, di cui sei della Mosella, la seconda regione più rappresentata dopo la Borgogna, perfino più dei vini di Bordeaux che in classifica vantano solo tre vini: il mitico Petrus, Le Pin e Liber Pater.
E l’Italia vi chiederete? Nessun vino del BelPaese figura nella top 50. L’etichetta più costosa è il Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno (1.083 euro a bottiglia) seguito dal toscano Masseto (678 euro) e dal Brunello di Montalcino Riserva Case Basse di Gianfranco Soldera (627 euro). Al quarto posto troviamo un vino mito della storia vitivinicola italiana, il Brunello di Montalcino Riserva di Biondi Santi (491 euro) seguito dal Barolo Etichetta d’Artista di Mascarello (426 euro). Sesto il Testamatta di Bibi Graetz (409 euro), settimo il Vinsanto di Montepulciano Occhio di Pernice dell’azienda Avignonesi (406 euro), ottavo posto per il Barolo Piè Franco Otin Fiorin di Cappellano (394 euro), nono posto per il Soì San Lorenzo di Gaja (387 euro). Chiude al decimo posto il Barolo Riserva Villero di Vietti (378 euro). La top ten italiana è dominata da Toscana e Piemonte, che monopolizzano le prime 25 posizioni con due sole eccezioni: il Montepulciano d’Abruzzo di Valentini e l’Amarone di Romano Dal Forno.
Secondo un altro istituto di ricerca, il The Liv-ex Fine Wine, al top troviamo sempre il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno (quotato 1.115 euro) seguito dall’Amarone della Valpolicella di Giuseppe Quintarelli (1.050), dal Barbaresco Pajé di Roagna (740 euro), dal toscano Masseto (710 euro), dal Brunello di Montalcino Case Basse Riserva di Gianfranco Soldera (640 euro) e dal Refosco dei Colli Orientali del Friuli Mani Calvari (620 euro).
Per quanto riguarda il Trentino al top delle quotazioni troviamo Il Trentodoc Giulio Ferrari Riserva del Fondatore (115 euro a bottiglia, 220 la magnum), il San Leonardo (70 euro), il Granato di Elisabetta Foradori (60), il Foja Tonda Casetta di Albino Armani (55 euro), il Cabernet Sauvignon Vin de Garage cru La Vigne di Marco Spagnolli (50 euro), il Vino Santo Pedrotti (45 euro), il Rosso Faye di Pojer&Sandri (35 euro). Quotazioni maggiori in Alto Adige: l’Appius (blend di Chardonnay, Pinot Grigio, Pinot Bianco e Sauvignon) della Cantina San Michele Appiano è quotato 250 euro, il Gewurztraminer Spatlese Epokale Cantina Tramin 200 euro, il Pinot Nero Blauburgunder Barthenau Vigna Sant’Urbano di Hofstätter 67 euro, il Passito Bronner Sweet Claire Riserva della Lieselehof 65 euro. In alto i calici.
Nato a Rovereto nel 1947 (per i cultori di Bacco la più grande annata del secolo), studi classici a Trento e giuridici a Padova, ha abbracciato fin da giovanissimo la professione giornalistica. Negli anni Settanta ha seguito per il quotidiano L’Adige gli avvenimenti sportivi (calcio, ciclismo, sci, basket) e dal 1980 l’attualità politica nazionale e internazionale. Redattore, caposervizio, inviato, amante dei viaggi, della buona tavola e del buon vino, ha curato per 35 anni le rubriche enogastronomiche “L’angolo del buongustaio”, “Pantagruel” e “Gulliver”. Ha diretto “Papageno”, la rivista in italiano e tedesco che si occupa di cultura enogastronomica in quel vasto bacino che si identifica nella vecchia Mitteleuropa: Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Austria, Baviera, Ungheria, Slovenia e Croazia. Collabora con numerose riviste nazionali ed è responsabile per il Trentino- Alto Adige della guida internazionale Best Gourmet of Alpe Adria. Nei 50 ani di attività giornalistica ha ricevuto numerosi riconoscimenti: vincitore della “Penna d’oro”, del Premio “Delta del Po”, del Premio “Scandiano”, del premio “Città di Noto”, del premio “Franciacorta” alla carriera “per aver raccontato e promosso con sapienza e maestria l’enogastronomia italiana”. Nel 2011 gli è stato assegnato il Premio Francesco Fontana “Trofeo Leone di San Marco” per “la squisita sensibilità nel raccontare il mondo enogastronomico veneto e mitteleuropeo. E per l’innata capacità di emozionare il lettore con una scrittura che affascina per la qualità e la ricchezza dei contenuti”.
E’ accademico dei vini sloveni, nonché commissario nei più importanti concorsi enologici europei. Nel 2004 il Comune di Porec-Parenzo (Croazia) gli ha conferito la cittadinanza onoraria per aver contribuito a lanciare il turismo enogastronomico in Istria al termine della guerra nei Balcani.
Pardòn, non avevo capito bene il sorriso
La solita storia : quando non si sa più analizzare qualcosa arrivano statistiche che in fondo … non contavano e non contano nulla !
Già, perchè vista la chiusura dei locali ristorazione (per ora, spero) in tutto il mondo, mi chiedo, chi acquisterà e proporrà questi nobili nettari ?
A questi nobili prezzi ? Vini da yacht o da pattino a Riccione ?
Amico mio, caro Giuseppe, se fossi te scriverei su : “Le bottiglie da evitare” o anche i top ORECA – in alcuni vi è un Doc di Verdicchio a 2.99 – è imbottigliata a Ora da quelli noti e famosi. Ed è anche buona.
Forse il virus servirà a tutti noi per tornare come eravamo : semplici .
Oggi c’e’ il ricordo di Gino Bartali e molti non sanno ancora se preferirlo a Fausto Coppi. E’ solo questione si storica cultura sportiva.
Abbracci tutti, Tano compreso
Ciao Giuliano,
prima di tutto ben ritrovato. Ho visto che hai preso con una certa seriosità il divertisment pubblicato da Tiziano Bianchi sui vini da sogno e da collezione. Lo scopo era solo quello di strappare un sorriso (tu dirai, amaro) a quanti (e noi siamo tra questi comuni mortali) non potranno mai concedersi lo sfizio di spendere certe cifre astronomiche per acquistare determinate bottiglie da collezione. Era solo un gioco per stemperare l’atmosfera in questi giorni drammatici per l’Italia e per l’intero pianeta.
Quanto alla scelta dei cosiddetti vini della quotidianità, convengo con te: oggi sugli scaffali si possono trovare dei vini “onesti” anche alla cifra (2,99 euro) che dici tu. Ed accadrà sempre più con la crisi che sta per abbattersi sull’intero settore con milioni di ettolitri invenduti in cantina (e la prossima vendemmia, se non si ridurranno le rese, sarà un bagno di sangue). Il mitico Luigi “Gino” Veronelli, maestro di tutti noi giornalisti amanti del buon vino e della buona tavola, anarchico coraggioso ed irriverente, eretico enoico come lui stesso si definiva (non enologo come taluni semplicisticamente ed erroneamente lo etichettavano), pur inchinandosi davanti a certe blasonatissime bottiglie, amava ripetere: “Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino industriale>. Parole sante che sottoscriviamo.