Il pane. Alimento o simbolo? Entrambe. Da quando gli uomini hanno addomesticato i cereali il pane, in questa parte di mondo, ha assunto il ruolo di Cibo. Ma non solo di cibo, anche di simbolo, idea, metafora ed archetipo. Dagli egizi importammo la lievitazione, anzi, le, lievitazioni. Da lì in poi sempre meglio, sempre di più, sempre più raffinato. Ma non in maniera omogenea: in alcuni Territori declinato come assoluto marcatore territoriale, in altri come cibo. Con la C minuscola, stavolta. Il Trentino, 6207 chilometri quadrati, possiede cinque ricette di pane codificate. Il Sudtirolo, 7398 chilometri quadrati, ventidue. E queste sono scelte, precise, indirizzate dalla politica, che in un caso ha dato estrema importanza alla differenziazione valle per valle, in un altro caso ha deliberatamente abbandonato il campo, spingendo il mercato ad una omogeneizzazione. Grandi differenze fra i due areali geografici, ma non proprio estreme. Sostanzialmente sociologiche.
Il nove maggio la dirigenza di SAIT, il moloch della cooperazione di consumo del trentino, comunica che, a partire dal 18 maggio, taglierà una grande parte dei suoi fornitori, concentrando l’acquisto in un unico panificio. La considerazione di quel simbolo, di quell’alimento, era già scarsa, come abbiamo visto dai numeri. Ma togliere anche la valenza cooperativistica al pane mi è parso decisamente una fantozziana metafora. Probabilmente l’acquisto su più fornitori costava di più, agli arcigni manager cooperativi, ma poteva essere motivo di concreto vanto e concreto aiuto per tutto il trentino. Ma, tant’è, dove il territorio vale almeno cinque volte di meno dei cugini appena oltre Salorno, non si pongono delle questioni di ordine morale. Qualcuno, all’interno della politica provinciale, ha detto che si tratta di azioni effettuate da aziende private. Verissimo. Ma la cooperazione, di cui il moloch suddetto è parte importante, è un po’ come il pane. Non è solo un alimento. E’ anche un simbolo, un’idea. In questi tempi di virus abbiamo visto e apprezzato tutti i piccoli negozi dei paesi, spessissimo cooperativi. Applicando pedissequamente le teorie industrialiste dei manager cooperativi della grande distribuzione e ascoltando il silenzio assordante della politica dovremmo chiuderli tutti. C’è un motto, in nome del quale ho tagliato la mia tessera della cooperativa: plata o plomo.
..E tirato dalla mia bramosa voglia,
vago di veder la gran commistione
delle varie e strane forme
fatte dalla artifiziosa natura,
raggiratomi alquanto in fra gli ombrosi scogli,
…pervenni alll’entrata di una gran caverna,
dinanzi alla quale restando alquanto stupefatto
e ignorante di tal cosa,
piegato le mie rene in arco,
e ferma la stanca mano sopra il ginocchio,
con la destra mi feci tenebra
alle abbassate e chiuse ciglia.
E spesso piegandomi in qua e là
per vedere dentro vi discernessi alcuna cosa,
questo vietatomi per la gran oscurità
che là entro era e stato alquanto,
subito si destarono in me due cose:
paura e desiderio,
paura per la minacciosa oscura spelonca,
desiderio per vedere se li entro
fussi alcuna miracolosa cosa.
(Leonardo da Vinci)