Dunque, dopo un tira e molla giocato in punta, e non solo in punta, di argomentazioni enologiche, sociologiche, antropologiche e giuridiche il Prosecco (Doc) Rosé è nato.
La base Glera potrà essere conciata con il Pinot Nero (fino al 15 %) per acconciare il vino in mille sfumature rosa e in variazioni che potranno esprimersi dal brut nature fino all’extra dry purché in bottiglie millesimate. È stato un parto travagliato e il bebè è stato accolto fra il tripudio dei mercati (le indiscrezioni, già ieri, indicavano dinamiche prenegoziali sulla carta posizionate attorno ai 180 euro/Hl contro i 130 della quotazione media) e i piagnistei della critica enologica territorialista. Qualcuno ha parlato di “grande furbata“, qualcun altro di “grande puttanata” , altri di “grande catastrofe” e altri ancora di “boiata pazzesca“. Insomma, un vino buono solo per il ragionier Fantozzi. Gli alti lai riguardano sia l’introduzione nella gamma della sterminata doc veneto-friulana di una variante non tradizionale per motivi essenzialmente mercantili, gli schei (e quindi?), sia lo sdoganamento del Pinot Nero a scapito delle varietà autoctone a bacca rossa.
Sarà che ormai sono un uomo disincantato, sarà che il covid mi ha un poco rincoglionito, sarà che sono sempre più insofferente ai cenacoli conformisti e troppo affollati, ma questa volta proprio non ce la faccio ad allinearmi al piagnisteo scandalizzato delle numerose prefiche che da due giorni si esercitano in questo incomprensibile atto di dolore per il territorio ferito e martoriato dal consorzio di Zanette.
Mi pare sia sfuggito loro che l’immenso comprensorio del Prosecco Doc, perché di questo si parla e non di Asolo o di Valdobbiadene, assolve ad una funzione prevalentemente industriale, mentre quella territoriale è soddisfatta dall’apice della piramide denominazionale; si tratta di mezzo miliardo di bottiglie, indirizzate all’export e ad un target di consumo semplificato, che fisiologicamente, visti i volumi, e ragionevolmente non possono prescindere dall’interpretazione delle aspettative del mercato, e fra queste, da qualche anno, c’è anche il vino rosa. Allo stesso modo mi pare sia sfuggito ai più che già oggi il disciplinare del Prosecco Doc prevede la possibilità di arricchimento della Glera facendo ricorso a quote di Pinot Nero vinificato in bianco. E allora? Allora, cari amici miei, perché tutta questa addolorata meraviglia? Fatemi capire.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
muoia sansone e tutti i filistei!
io chiederei di allargare la zona prosecco alla valsugana e lo farei diventare la punta di diamante della denominazione(magari con una super offerta :ogni 6 bott. di prosecco valsugana,un kg di farina da polenta!)
Spero che le critiche non vengano dal Trentino. Avranno mica paura della concorrenza dello Spritz Rosè o del Kir Royal? Magari qualcuno si sveglia dal torpore pre e post pandemico e s’inventa una moda, chessó …liberty, va a sapere…
vengono anche da qualche collega trentino che ha parlato (scritto) di “furbata”. Furbata che sinceramente a me non pare di intravedere. E neppure di intuire. Vedo piuttosto una gestione molto lungimirante e realistica della denominazione di base del Prosecco.
se sono vere le indiscrezioni che mi arrivano circa l’indice di efficacia della doc trentino (circa 50%) …forse questo allargamento non nuocerebbe..forse.
Perfettamente d’accordo! Poi basta andare fuori Italia e si trovano vini spacciati per prosecco rosé, solo per sfruttare il nome. Un consorzio che difende i produttori dando loro la possibilitá di produrre un prosecco rosé e continuare a produrre il prosecco doc come lo conosciamo. Ms come al solito siamo in Italia.