Giuseppe Bepi Catarin con Franz Hass

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Sui media di settore sono apparsi diversi ricordi dopo la scomparsa di Bepi Catarin per decenni funzionario di riferimento del settore vitivinicolo veneto, del Nord Est e oltre.
Pochi, fra le migliaia di viticoltori trentini l’hanno conosciuto direttamente, ma molti gli debbono gratitudine. Vallagarina, Valdadige, delle Venezie assieme a denominazioni minori e prestigiose, sono passate per le sue mani di tessitore con visione del futuro.
Un mestiere non facile che lui ha reso semplice. Lo tiravano per la giacchetta? Aveva le tasche cucite. Non c’è soluzione? Proviamo a far così. Il suo segreto? Ascoltare e rispettare, suggerire un’ipotesi. Decidere e fare. Questo era lui, non certo un burocrate.
Difficile rintracciarlo in qualche foto pubblica: non sgomitava per presenzialismo. Dai nostri archivi è sortita solo questa che pubblichiamo a corredo del post: era l’antivigilia di Natale di 6 anni fa, un pranzo di lavoro in una stube tirolese dove alcuni imprenditori discutevano di Pinot grigio. Bepi Catarin ascoltava, rifletteva, interfacciava le richieste con vincoli e spazi normativi, studiava ipotesi operative nel rispetto dei diritti acquisiti e delle necessità di sviluppo in un’ottica moderna e fattiva. Con lui attorno al tavolo i toni non potevano che essere pacati e costruttivi. Ecco, se la burocrazia fosse come l’ha sempre interpretata lui – prendendosi le responsabilità e rifuggendo dagli innumerevoli lacci e lacciuoli dell’apparato – potremmo dire W la burocrazia, senza nascondersi dietro il facile “così dice la legge”.
Bepi Catarin pur essendolo, non aveva l’aria del dirigente, era rimasto un funzionario nel senso che faceva funzionare le cose. Insegnava anche quando, davanti a posizioni  cocciute o ottuse arroccate in difesa dell’orticello, distendeva il suo orizzonte. Chi sta attorniato dalle sue montagne, infatti, per allargarlo deve salire la china mentre chi sta a Treviso le montagne le ha alle spalle e di fronte piano e mare dischiudono naturalmente idee su idee. Grazie Bepi per le vedute che hai lasciato.

E il pensiero corre a una lettera che Myrta Merlino ha pubblicato oggi sul Corsera citando De Rita: «Lo Stato non può farsi carico di tutto, serve uno scatto di ognuno di noi. Ma c’è una stanchezza che viene da lontano. Il terremoto Covid non si è abbattuto solo su un Paese pieno di problemi strutturali – tasse, burocrazia, instabilità politica – ma anche su una società ormai stanca e impaurita con tutte le eccezioni del caso che non sono poche. E conclude, De Rita, che se il mare di soldi che arriverà si trasformerà in mance e sussidi per tutti faremo poca strada, se invece si riuscirà davvero a risvegliare non solo l’economia, ma anche la fiducia degli italiani, il loro talento, la voglia di rischiare e creare, allora tutta l’Italia potrà rialzarsi di nuovo».
Sotto, sotto era anche l’approccio di Bepi Catarin.