C’è un problema in Trentino. Qualcuno la chiama omertà. Io preferisco individuarne la radice nella disabitudine al dibattito e nell’inattitudine al confronto. Un carattere local-popolare diventato, da qualche decennio, elemento fondativo della società politica e della società civile trentine. Soprattutto in tema di economia, che poi è la sola cosa che davvero conta in questo maledetto mondo. E soprattutto quando, in economia, c’è di mezzo lo spaventoso Moloch cooperativo. A mio parere si tratta di una modificazione genetica della sociologia trentina, figlia, anche figlia, della gestione dell’autonomia speciale, non come una dinamica evolutiva aperta, ma al contrario come arroccamento autoreferenziale e conservativo, nutrito da un malinteso senso di superiorità rispetto all’universo mondo.
Ed è così che in queste settimane quella che taluni chiamano omertà è calata come una mannaia discreta e attutita dal lavorìo nascosto di mille ascari pronti a smorzarne il cupo e tetro rimbombo, anche sul licenziamento dei due enologi sindacalizzati alla cantina di Toblino. Tuttavia il gioco del silenzio, questa volta, e almeno per ora, non ha funzionato del tutto, perché oggi la cortina fumogena calata pietosamente sul più leggiadro cavallo di razza del Trentino enologico, è stata spezzata dal presidente degli enologi italiani con un’intervista esclusiva e sorprendente (perchè mina ab origine la giusta causa del licenziamento) a Winemag; Riccardo Cotarella, a cui mai dimentichiamo di ascrivere il demerito di aver passato una vita con il solo obiettivo di standardizzare e omologare il vino italiano (ma questa è un’altra storia), oggi interviene a gamba tesa, ma finalmente come un luminoso raggio di sole, in un campo tradizionalmente dominato dal silenzio pavido e compiacente esibito come una complice medaglia da tutto il circo equestre che gravita intorno al vino trentino: associazioni di categoria, basi cooperative, imprenditori vitivinicoli, società politica, società civile, associazioni satolle e confraternite altrettanto dissetate, cenacoli sommelleristici e acquiescenti giornalisti di settore. Un intervento, quello di Cotarella, che almeno prova ad evitare che la vicenda dei licenziamenti di Toblino, epigono magistrale di una storia decennale di lupara bianca e di pistole silenziate che ha messo in mora qualsiasi stonatura enologica irrispettosa dello spartito industrialista locale, si inabissi anch’essa in quel porto delle nebbie alpino che si chiama Trentino. O vino trentino.
Leggi le dichiarazioni di Riccardo Cotarella su Winemag.it:
Licenziamento enologi Cantina Toblino, Cotarella: “Provvedimento spropositato”
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Ma gli enologi trentini sono tutti incazzati? Incazzosi? Scoglionati? Frustrati? Sarà l’aria di montagna? O frequentazioni ravvicinate con l’orso che li hanno trasformati a loro volta in orsi?
si,si, siamo molto incazzati e una volta all’anno facciamo la cena con polenta e lupo
Riccardo Cottarella è direttore generale della sua società e lavora con oltre 70 cantine italiane di prestigio quindi sa come funziona l’organigramma aziendale. Nella sua intervista dice tre cose ovvie: 1) il provvedimento sembra spropositato, 2) declassamento/arricchimento…La responsabilità finale di questa scelta non è più solo dell’enologo, ma compete all’amministrazione della cantina” 3) programmazione commerciale…prerogativa che generalmente spetta al CdA (per me è a capo del DG). Resta da capire se i due enologi abbiano agito in accordo con il DG o contro le indicazioni del DG.
ma che bacheca d’egitto!
si chiama mansionario e bisogna pretenderlo e concordarlo.
Infatti, il mansionario in vigore nel 2018, sarà Il primo documento che finirà sul tavolo del Giudice.
ok!
qui vige la legge dell’anello di gige(vedi erodoto e platone -la repubblica).
ho poi letto quanto dice cottarella.
bo!
ragionamento teorico che trova difficile riscontro nella realtà;
potrebbe comunque essere un buon suggerimento per impostare un sistema che definisca più chiaramente il rapporto fra il lavoro dell’enologo e quello dell’amministrazione.
ad majora
Sul rapporto di lavoro fra enologo e amministratore non ci sarebbe niente di difficile da chiarire. Basta appendere in bacheca aziendale l’organigramma. https://it.wikipedia.org/wiki/Organigramma
Quelli sopra sono i capi e quelli sotto sono i sottoposti. Cottarella ha detto cose giuste e abbastanza ovvie per chi sa come dovrebbe funzionare un’azienda. Si è sbagliato solo quando dice che la programmazione commerciale è generalmente prerogativa del consiglio di amministrazione. È invece prerogativa degli executives con a capo il DG. Ma forse il giornalista ha riportato male quel passaggio dell’intervista.