Confesso anche stavolta di essere di parte, di parte interessata, come quotidiano consumatore di miele. Un cucchiaio a colazione, un regalo che mi faccio per cominciare bene la giornata. Una vecchia abitudine mutuata fin da bambino quando le api e soprattutto i calabroni si andava ad importunarli per vederne la reazione. Dovetti smetterla all’improvviso dopo che uno di questi bomboloni ronzanti che mi inseguiva, mi punse sulla lingua. Mi salvò un medico che m’infilò un tubicino in gola per farmi respirare perché la lingua s’era gonfiata a salsicciotto a riempirmi tutta la bocca. Mi portarono poi a Maso Plattner sul vicino Renon dove c’è il Museo dell’apicoltura e passai dalla parte delle api. Meraviglie ripetute da appassionati cultori anche altrove, tanto più importanti quanto più immerse in territori a rischio per le api, come quelli a frutticoltura intensiva.
Pensieri che mi vengono dalla tragica notizia della scomparsa di Andrea Paternoster titolare della Mieli di Thun di Ton avamposto della Val di Non. Non ce l’ha fatta a superare i traumi di un violento tamponamento in autostrada, nonostante la speranza dei molti amici che nei giorni scorsi hanno palpitato per lui. Fra costoro sicuramente anche Mario Pojer da Faedo che anni fa ebbe la buona idea (una delle tante) di farcelo conoscere l’Andrea delle api di Thun. Loro due s’erano già sintonizzati da tempo, naturalmente, com’è logico per chi fa del “naturale” l’essenza della vita, anche se in ambiti all’apparenza diversi. Una comune filosofia che andava partecipata a colleghi più anziani e più giovani di Andrea, quali eravamo noi diplomati dell’Istituto Agrario di San Michele. Disagio e ammirazione nell’ascoltarlo. Un disagio interiore perché allora prevaleva l’uso dei fitofarmaci a garanzia di una sana produzione, con buona pace – se succedeva – per la salubrità delle api. Ammirazione per le argomentazioni teoriche coniugate alla sua convincente pratica quotidiana, ancorché in lotta impari. Come Davide e Golia. Andrea-Davide con le sue api in difesa della natura e quindi di un certo modello di vita contro il Mercato-Golia che con la mela bella garantiva reddito, purchessia. L’Andrea dei mieli s’era ritagliata la fascia alta del mercato, l’unica che gli permise di emergere e affermarsi. Quanti chilometri per portare le arnie in Calabria per i fiori di eucalipto, e poi di ritorno per liberarle nei frutteti d’Anaunia… una vita di sacrifici possibile solo a chi è sorretto da una fede, un credo in grado di contaminare e fare proseliti. Aveva ragione Andrea quando ci ricordava il convincimento di Einstein, pensatore come pochi: “Se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”.
In ricordo di Andrea Paternoster mi permetto di consigliare la lettura del magnifico romanzo di Maja Lunde, La storia delle api, Marsiglio editore che, in epoca di pandemia, risveglierà gioia e inquietudine (Arne Hugo Stølan, VG).
Grazie Andrea, riposa in pace nel festoso ronzio di tutte le api del mondo.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Ma che peccato. finito tutto con un paternoster ?