SAIT

Sulle gazzette locali oggi non c’è traccia della decisa presa di distanza dei giovani cooperatori trentini dalla gestione iperindustralista di SAIT. Territoriocheresiste ne aveva data notizia ieri mattina. Visto l’odierno silenzio della grande stampa trentina, la sola conclusione che riesco amaramente a trarre è questa: io devo aver perduto per strada il senso della notizia. Ammesso che ce l’abbia mai

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Dopo l’esclusione di un gruppo di panificatori di territorio dal ventaglio dei fornitori del consorzio di secondo grado della cooperazione di consumo, l’associazione giovani cooperatori trentini, ha elaborato un documento in cui chiede a SAIT di chiarire la sua identità  e la sua aderenza ai volori guettiani delle origini Questo il testo integrale: La frenesia della quotidianità del nostro millennio

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Per non prenderla troppo alla larga, come ha suggerito l’amico Angelo Rossi in un commento ad un post precedente, dico subito come la penso: questa foga, o fobia, iconoclastica verso SAIT e via Segantini non mi piace affatto. Sto parlando dell’indifferente ilarità con cui sembra essere stata accolta la recente decisione dell’assemblea di Cavit di escludere Sait dalla compagine del

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Forse mi sbaglio, ma sembra che ci sia dell’amarezza anche nelle parole di Sergio Ferrari nell’apprendere che è finito il sodalizio tra Cavit e Sait quando scrive: “…Basta pensare al Casteller che per anni ha rappresentato il vino quotidiano delle famiglie trentine …” e a dire il vero dispiace anche a me questa decisione, ha il sapore della sconfitta, dell’incapacità

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